Napoli, giallo sulla donna morta in kayak. L'indagato: “Imbarcazione perfettamente integra”
«Se davvero fossi stato io, con la mia barca, a causare la morte di Cristina Frazzica non mi tirerò indietro e mi assumerò tutte le mie responsabilità. Quel che è certo è che nessuna delle sei persone che viaggiavano con me si è accorta di nulla, prima di scorgere un uomo in mare, un centinaio di metri dietro la nostra rotta, che si sbracciava chiedendo aiuto». Cerca di fare chiarezza così, un’intervista a Repubblica, Guido Furgiuele, l’avvocato penalista iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio colposo per la morte della ricercatrice 31enne uccisa dall’impatto con una imbarcazione, domenica nelle acque di Posillipo, a Napoli.
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«Sto subendo un linciaggio», passa al contrattacco, «ma io sono in perfetta buona fede, mi amareggia molto essere additato in malo modo. Vorrei anche io che la verità venisse a galla, per questo mi affido all’autorità giudiziaria». Tornando a domenica pomeriggio il legale racconta così quanto successo: «Nessuno di noi ha avvertito alcun colpo e il ragazzo superstite non ha riconosciuto la mia barca. Ha poi parlato di uno yacht che arrivava velocissimo, e che avrebbe travolto il kayak sul quale si trovava con la vittima. Ecco, la mia massima velocità di crociera è di 20 nodi. Non mi sembra compatibile con il racconto». Poi una rivelazione finale: «E aggiungo, il kayak, che noi stessi abbiamo recuperato, è perfettamente integro. Non si esclude che la donna sia stata colpita mentre era già in mare». Palla agli inquirenti.
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