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Violentatore a Roma, Paolo Crepet: "Raptus? Parola pericolosa. Sempre seriali"

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Altri due casi di stupro, avvenuti qualche mese fa nel quadrante compreso tra Piana del Sole, Fiumicino, Magliana e Portuense, avvenuti con un modus operandi simile a quello utilizzato da Simone Borgese per violentare la studentessa alla fermata dell’autobus lo scorso 8 maggio sarebbero, secondo quanto apprende l’agenzia LaPresse, al vaglio degli investigatori coordinati dal pool antiviolenza della procura di Roma. "Servono centri terapeutici per i sexual offender": così Paolo Crepet ha commentato la notizia di cronaca a La Stampa. 

 

 

Le vittime, sulle quali chi indaga mantiene il più stretto riserbo, avrebbero raccontato nelle denunce presentate, di essere state avvicinate prima delle violenze con modalità di approccio analoghe. Il violentare seriale era già stato condannato a sette anni e mezzo di carcere per due episodi avvenuti nel 2014, ai danni di una ragazza di 17 anni nell’androne di un palazzo, e nel 2015 a una tassista che venne condotta con l’inganno da Borgese sotto un cavalcavia della Roma Fiumicino. "Gli stupratori sono sempre seriali. Si tratta di una patologia impulsiva compulsiva. Sono come i giocatori d’azzardo: è difficile uscirne. Chi fa violenza contro le donne continua a farla", ha spiegato lo psichiatra.

 

 

Usare la parola "raptus", per Crepet, è una "strategia difensiva comprensibile", ma una "bestemmia dal punto di vista psicodinamico". Il sociologo ha ammesso: "È una parola che non posso sentire nominare, che ho tolto dalla mia vita professionale. Altrimenti, l’umanità sarebbe agli sgoccioli. Una parola pericolosa peraltro, perché avalla l’imponderabilità dell’atto, contro i principi della psicologia. Ci sono invece ragioni psicologiche che attengono alla vita, che spiegano come si può arrivare a questi comportamenti", ha aggiunto. 

 

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