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Meloni in Albania, ecco l'hotspot per i migranti: "Operativo dal primo agosto"

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L’hotspot localizzato al porto di Shengjin e il Cpr nell’ex base militare di Gjader, previsti dal Protocollo per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria, «saranno operativi dal primo agosto» e costeranno all’Italia «670 milioni di euro» per i cinque anni previsti dall’intesa siglata lo scorso novembre sull’asse Roma-Tirana. Lo annuncia la presidente del Consiglio Giorgia Meloni al termine del sopralluogo effettuato nelle due aree assieme al premier albanese Edi Rama. Quella di 4mila metri quadrati allestita nel porto a 70 chilometri da Tirana e destinata alla prima accoglienza dei migranti, è stata ultimata ed è passata sotto l’autorità italiana proprio ieri, giusto in tempo per la missione organizzata da Meloni a tre giorni dal voto per le elezioni europee.

 

Una coincidenza che spinge il segretario di +Europa Riccardo Magi, arrivato a sorpresa sul posto, a denunciare che «qua si inaugura un enorme hotspot elettorale di Meloni». Il deputato al termine della visita dei due leader mette in atto anche una forma di protesta bloccando il corteo di macchine della premier, che a quel punto scende dall’auto chiedendo al servizio di sicurezza, intervenuto nel frattempo in maniera energica per bloccare e allontanare il parlamentare (che alla fine mostrerà delle macchie di sangue sulla camicia), di lasciarlo libero. È in questa fase che tra i due va in scena un acceso botta e risposta, con Magi che accusa: «Se accade questo con le telecamere a un parlamentare potete immaginare cosa accadrà ai poveri cristi che saranno chiusi qua dentro. Si vergogni!». La replica di Meloni non si lascia attendere: «Seee, poveri cristi... Non volete più Europa? Abbiamo portato qui una legislazione italiana ed europea. Si vergogni lei». Poi ecco arrivare l’affondo dell’inquilina di palazzo Chigi: «Io la capisco Magi, ho fatto un sacco di campagne elettorali in cui non sapevo se avrei superato la soglia di sbarramento. Le sono totalmente solidale».

 

Parole velate di ironia, mentre quelle che Meloni rivolge a Rama sono di tutt’altro tenore. Il premier del paese delle Aquile, d’altronde, nel suo discorso è particolarmente duro. «Non posso non cogliere questa opportunità - afferma - per esprimere tristezza su tante, molte, mezze verità che vengono dette sui media italiani, compreso il servizio pubblico, col chiaro intento di buttare fango sull’Albania. Chi lo ho fatto si vergogni». Mentre Rama parla, Meloni che è in piedi al suo fianco lo fissa spesso, annuisce, a volte sorride. E quando poi è la sua voce ad uscire dal microfono comincia esprimendo «solidarietà e vicinanza per gli attacchi che» Rama e l’Albania «hanno ricevuto in questi mesi, da quando cioè hanno deciso di offrire la loro collaborazione all’Italia». «Abbiamo assistito in questi mesi a una durissima campagna denigratoria del governo albanese, della nazione nel suo complesso, che è stata addirittura dipinta come una sorta di narco-Stato controllato dalla criminalità organizzata. Però voglio dire al primo ministro, se lo può consolare, che il bersaglio in realtà non è lui», prosegue la premier, inviando un messaggio chiaro alle opposizioni che da Roma criticano il protocollo e attaccano il governo per le spese che si dovranno sostenere: «Sapete quali sono le risorse che si potevano spendere in sanità e che invece non sono servite a risolvere un problema? I 17 miliardi di euro che sono andati nelle truffe del superbonus, soldi tolti ai malati per darli a dei truffatori. Quelle sono risorse che sono state spese non per risolvere dei problemi e che sono state gettate dalla finestra». Non solo, Meloni rispedisce al mittente anche l’accusa di aver orchestrato uno spot elettorale: «Tanto come si fa, si sbaglia... Se avessi smesso di governare in questo mese, e avessi fatto campagna elettorale, avrebbero detto che non governavo perché facevo campagna elettorale. Continuo a governare, e mi dicono che faccio campagna elettorale perché governo. Io ho deciso di continuare a fare il mio lavoro, piaccia o no. L’unica cosa che non posso fare, e che piacerebbe all’opposizione, è scomparire». Meloni, accompagnata dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, rivendica quindi l’accordo con Tirana che è convinta alla fine «funzionerà». «Allora avremo inaugurato una fase completamente nuova nella gestione del problema migratorio - è il messaggio -. L’accordo potrebbe diventare una parte della soluzione strutturale dell’Ue. Abbiamo molti occhi puntati addosso, vogliamo riuscire». E un obiettivo del genere, sottolinea, «val bene due mesi di ritardo che poi sono dovuti soprattutto alla natura del terreno di Gjader, che ha richiesto interventi di rafforzamento che non avevamo previsto».

L’area situata a circa 20 km da Shengjin è infatti ancora «in via di completamento», e servirà per l’accertamento dei presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale e per il rimpatrio dei migranti non aventi diritto all’ingresso e alla permanenza nel territorio italiano. Nel corso della visita la premier snocciola poi una serie di numeri. «Dal primo gennaio del 2024 in Italia sono arrivate dai cosiddetti paesi sicuri oltre 11mila persone, se i centri fossero stati già funzionanti, avremmo potuto condurre in Albania 5.500 migranti», spiega aggiungendo che da agosto si partirà con «mille posti, che arriveranno ai tremila che abbiamo previsto dal protocollo». Infine il capitolo dei costi. Complessivamente l’Italia spenderà 134 milioni di euro l’anno, «che corrispondono al 7,5% delle spese connesse all’accoglienza dei migranti sul territorio nazionale. Facendo un rapido calcolo, con l’attuale capienza di questi centri a pieno regime, in Italia risparmieremo 136 milioni di euro». «Non stiamo spendono risorse aggiuntive, stiamo facendo un investimento», l’ultimo messaggio prima di ripartire alla volta di Roma. 

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