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Dossieraggio, libro verità e caccia ai mandanti. Laudati: "De Raho supervisionava tutto"

Luigi Frasca
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«Ho ricoperto l’incarico di responsabile del gruppo Sos, su delega del procuratore Roberti dal 2015 al 2020 e all’epoca tutti i componenti del gruppo lavoravano esclusivamente in Direzione nazionale antimafia. Successivamente, a seguito del nuovo progetto di riorganizzazione dell’Ufficio, redatto dal procuratore Cafiero De Raho, la responsabilità del gruppo Sos è passata al procuratore aggiunto sotto le supervisione del Procuratore nazionale antimafia. Con l’arrivo del procuratore Melillo (giugno 2022) il servizio è stato avocato direttamente dal Pna. Dalla stampa emerge che parte degli accessi abusivi sono avvenuti nel periodo di formazione del nuovo governo (luglio-ottobre 2022) e quindi mesi dopo la cosiddetta "messa in sicurezza", descritta nel corso delle audizioni e, quindi in epoca in cui non avevo alcuna competenza in merito». È una parte della lunga dichiarazione che il pm Antonio Laudati affida alle pagine del libro "Il verminaio. L’inchiesta sui dossier dell’Antimafia", di Brunella Bolloli e Rita Cavallaro, con la prefazione di Tommaso Cerno, edito da Baldini+Castoldi, in uscita oggi in tutte le librerie.

 

 

Un volume che racconta i misteri e le rivelazioni sullo scandalo dei dossieraggi che ha scosso la politica italiana, in un sistema che prende vita nel tempio sacro della Direzione nazionale antimafia, la Superprocura ideata da Giovanni Falcone per combattere la criminalità organizzata. Bolloli e Cavallaro scavano nelle trame tessute dagli "spioni", che sono andate avanti per almeno quattro anni, in un sistematico accesso alle banche dati utilizzate dal tenente della Guardia di Finanza, Pasquale Striano, e dal suo capo al gruppo Segnalazioni operazioni sospette, il pm Antonio Laudati. «Un vero e proprio verminaio. I numeri sono molto più preoccupanti di quelli emersi, si tratta di numeri inquietanti, mostruosi», ha detto il procuratore di Perugia, Raffaele Cantone, titolare dell’inchiesta. In quella cabina di regia, fucina dei dossier passati a un gruppo di giornalisti, sono stati spiati i protagonisti della scena politica italiana, nei momenti più determinanti della storia del nostro Paese.

 

 

«Ci racconta questo libro che nel cuore dello Stato esiste un bancomat; un bancomat che non contiene denaro, ma informazioni. E che esiste una tessera, in mano a un gruppo ristretto di persone, che sa farlo funzionare e che, usato per fini politici, ha raccolto negli anni migliaia di informazioni illecite con la complicità di un pezzo dello Stato che lavorava, evidentemente, contro lo Stato stesso. Tali informazioni sono servite ad alimentare scandali e interferire con la vita politica dell’Italia», scrive il direttore Cerno nella prefazione. Dal dossier Colle, per fermare la candidatura a capo di Stato di Silvio Berlusconi prima e di Maria Elisabetta Casellati dopo, all’interesse smodato per i personaggi di primo piano del partito di Matteo Salvini. E la ricerca frenetica sul governo Meloni, con la caccia a ministri e sottosegretari. L’inchiesta di Perugia ha scoperchiato il vaso di Pandora, portando alla luce un «verminaio» di accessi su migliaia di nomi, così mostruoso da paventare l’esistenza di un mercato dei dati riservati e un attacco alla vita democratica del Paese. Le trame dei dossieraggi hanno valicato i confini nazionali talmente tanto da violare i segreti delle stanze vaticane, al punto che perfino la Santa Sede ha aperto un’indagine per individuare chi ha spiato le mosse della giustizia del Papa. La domanda che opinione pubblica e Chiesa ora si pongono è una: chi è il mandante?

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