Intercettazioni selvagge, la Corte europea dei diritti dell'uomo condanna l'Italia: il caso Contrada
L’Italia è condannata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per l’abuso delle intercettazioni su Bruno Contrada. Un pronunciamento che, oltre il caso specifico, individua un "vizio sistemico nella legislazione italiana in materia di intercettazioni". A darne notizia è l’avvocato Stefano Giordano: "Ringrazio tutto lo studio e la compianta Marina Silvia Mori per questo importante risultato", dice il legale. Il caso "Contrada c. Italia" riguardava la liceità dell’intercettazione delle conversazioni telefoniche e la perquisizione della sua abitazione e di altri beni, tutte misure disposte nell’ambito di un procedimento penale in cui l'ex Superpoliziotto non era direttamente coinvolto.
27mila ore di intercettazioni. Ma le frasi incriminate le può dire chiunque
Ma cosa dice la sentenza della Prima Sezione di Strasburgo? "La Corte europea dei diritti dell’uomo (...) ha ritenuto all’unanimità che vi sia stata violazione dell’articolo 8 (diritto al rispetto della privacy, vita privata e corrispondenza) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo per quanto riguarda la intercettazione e trascrizione delle comunicazioni telefoniche del ricorrente", si legge in una nota di Giordano. "Risulta che la legge italiana non offre garanzie adeguate ed effettive contro gli abusi nei confronti degli individui sottoposti a misura di intercettazione, ma che, poiché non sono indiziati né imputati della commissione di un reato, non sono parti nel procedimento. In particolare, per quegli individui non è possibile rivolgersi all’autorità giudiziaria per un effettivo controllo della liceità e della necessità della misura e ottenere un risarcimento adeguato, a seconda dei casi".
Il legale conclude: "Siamo molto soddisfatti, perché - al di là del caso concreto - la Corte ha individuato all’unanimità un vizio molto grave della legislazione italiana in materia di intercettazioni. Adesso aspettiamo la definitività della sentenza. La palla passa dunque alla politica, affinché riformi in senso liberale l’intera materia delle intercettazioni".
Toti come Lucano: quando le intercettazioni fanno il processo politico
Insomma, un sistema che permette le "intercettazioni selvagge" non è coerente con i diritti dell'uomo. Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, al Festival dell’economia di Trento, nel corso del dibattito ’Come conciliare economia e giustizia' ha commentato che la sentenza della Cedu sul caso Contrada "è musica per le mie orecchie, è stata fonte di grande gioia. Oggi la Cedu dice in modo nettissimo che l’Italia ha violato tutti i diritti umani e civili. Mi domando ora l’effetto che avrà sui procedimenti in corso, vedremo come andranno a finire dopo questa sentenza. I diritti sanciti dall’articolo 15 della Costituzione sulla riservatezza delle comunicazioni sono stati devastati". "L’obiezione che si fa - ha aggiunto l'esponente del governo di Giorgia Meloni - è che facciamo un regalo alla mafia. Per quanto riguarda la lotta alla mafia, alla criminalità organizzata, al terrorismo e alla grande delinquenza" le intercettazioni "non sono solo indispensabili, ma a volte sono addirittura insufficienti. La mafia non parla al telefono, comunica attraverso dei mezzi di comunicazione sofisticatissimi, che va al di là del trojan e delle cimici. Io andrei oltre la normativa attuale ma solo nei confronti della grande criminalità". Un sistema che il governp vuole cambiare. Nel ddl Nordio "abbiamo proposto il minimo sindacale, ossia la tutela del terzo: se Tizio parla con Caio di Sempronio, almeno il nome di Sempronio non deve figurare. Se n’è fatto un uso e un abuso, coinvolgendo persone che non c’entrano nulla", ha osservato il ministro.