carcere di verona

Chico Forti, il colloquio a Verona con Di Giuseppe: "Merito di Giorgia. Io innocente"

Dario Martini

«Spero un giorno di essere libero, sono innocente. Mi sento a casa. Io sono italiano e finalmente mi trovo in Italia. Mi metto a disposizione del mio Paese per essere nel mio piccolo una leva positiva. Voglio aiutare». Sono queste le prime parole di Chico Forti quando è da poco arrivato nel carcere di Verona, la casa circondariale di Montorio. Ad ascoltarle è il deputato di Fratelli d’Italia Andrea Di Giuseppe, la persona che forse più di tutti si è speso per farlo tornare dopo un quarto di secolo trascorso in un penitenziario di massima sicurezza della Florida. Forti ha chiaro a chi deve essere indirizzata la sua gratitudine. «Il merito è di Giorgia Meloni - ha ribadito anche ieri - dico grazie a lei e a tutto il governo». Anche perché è il primo ergastolano a cui Washington consente di espiare il resto della pena nel Paese di origine. Un fatto più unico che raro. Occorre ricordare, infatti, che il 65enne trentino rientrato sabato mattina da Miami con un volo dell’Aeronautica è stato condannato 24 anni fa per l’omicidio dell’imprenditore australiano Dale Pike, avvenuto nel 1998.

 

 

Un caso molto controverso, con un processo e una sentenza basata esclusivamente su prove indiziarie. Basti pensare che il fratello della vittima non ha mai creduto alla sua colpevolezza. Forti è arrivato a Verona dopo una notte trascorsa nel carcere romano di Rebibbia. Ad accoglierlo al suo arrivo all’aeroporto di Pratica di Mare, sabato mattina, è stato il presidente del Consiglio, che ha voluto vederlo negli occhi dopo che gli aveva promesso che lo avrebbe riportato a casa. Poi ieri è partito per Verona dove è arrivato poco prima delle 14. All’ingresso era ancora appeso lo striscione con scritto «Benvenuto Francesco», in omaggio al Papa che il giorno prima aveva visitato la struttura. Pare che qualcuno abbia deciso di lasciarlo lì appeso per farlo vedere a Forti, forse pensando che Chico sia un diminutivo di Francesco e non di Enrico come in realtà è il suo nome di battesimo. Poi, alle 17,30, la visita di Di Giuseppe, che lo aveva incontrato velocemente anche due giorni fa a Pratica di Mare. I due si conoscono molto bene. Il deputato di FdI è andato a trovarlo spesso in tutti questi anni a Miami. La prima richiesta in assoluto fatta da Forti è un permesso speciale per poter andare a trovare la madre 96enne, Maria Lonar Forti, dal momento che la donna non si può più muovere. I due non si vedono dal 2008.

 

 

Sua madre, come ha raccontato lui stesso, è stata sempre la sua ancora, la persona che gli ha permesso di resistere tutti questi anni: «Mi sono mantenuto così solo per lei». Una prova difficilissima per una persona che si è sempre professata innocente, anche se a un certo punto - ha raccontato - è stato costretto a dichiararsi colpevole, «altrimenti non avrei mai ottenuto l’estradizione». Di Giuseppe lo ha accompagnato fino al suo ingresso in cella. Così ha potuto assistere all’accoglienza che gli altri detenuti hanno tributato a Forti, quando è partito un lungo applauso spontaneo e dei cori: «Chico, Chico, Chico». E un grido: «Innocente». Forti ha trattenuto a stento le lacrime. La struttura di Montorio può essere considerata una delle migliori nel panorama italiano per come è tenuta. Sono molteplici le attività offerte ai detenuti. Forti, esperto addestratore di cani, ha già in mente di dedicarsi ad un impiego simile, visto che qui c’è proprio una pensione per gli animali. Condivide la cella con altre due persone. È ampia, c’è la televisione e anche uno scrittoio. Quando Di Giuseppe lo ha salutato stava per essere servita la cena. Come prima portata un piatto di pasta con le cozze.