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Passaportopoli e il giallo del diplomatico italiano morto a Caracas: cosa non torna

Rita Cavallaro
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C’è un altro giallo su cui si addensano le ombre, dopo la scoperta della "Passaportopoli" al Consolato italiano a Caracas. Una storia che ha i contorni dell’omicidio ma che è stata archiviata come morte naturale. Quella del funzionario diplomatico Mauro Monciatti, originario di Sinalunga, in provincia di Siena, trovato senza vita nella sua casa della capitale del Venezuela il 4 giugno 2016. Per gli investigatori venezuelani, il diplomatico sarebbe stato colto da un attacco di cuore. La porta dell’abitazione era chiusa, non c’erano segni d’effrazione e il funzionario si trovava da solo quando è stato colto da malore. Anche la profonda ferita alla testa, secondo le indagini, sarebbe stata causata da un trauma dovuto alla caduta. Il caso, per le autorità venezuelane, era chiuso.

 

Ma quando la salma di Mauro rientrò in Italia, la famiglia capì immediatamente che più di qualcosa non quadrava con la storia dell’infarto. Oltre alla profonda ferita sul capo, Monciatti aveva ecchimosi sul corpo. E il suo corpo "parlava". O meglio, era ciò che mancava che aveva allarmato la vedova Valentina Novikova e il fratello di Mauro, Moreno. Il cadavere di Monciatti, dopo l’esame autoptico che aveva fissato come causa l’infarto, era stato restituito privo degli organi, a eccezione del cuore. La famiglia, assistita dall’avvocato Andrea Mugnai, si era dunque rivolta alla procura di Roma. «Sono convinta si tratti di omicidio, mio marito è stato ucciso. Tutti quei segni che gli hanno trovato addosso, il sangue che si vede nelle foto, gli occhiali spariti», aveva detto. Misteri che si erano infittiti quando il legale dei Monciatti aveva esaminato sei chiavette Usb, che erano nella casa del funzionario a Caracas. Alcuni file sarebbero stati manomessi. Un paio di giorni dopo il decesso. Tanto che il pm di Roma Elisabetta Ceniccola, titolare del fascicolo, aveva disposto degli accertamenti tecnici irripetibili sui supporti di archiviazione, analizzati dai carabinieri del Ris.

 

Il magistrato aveva inoltre ordinato una nuova autopsia sulla salma di Monciatti, che portò a un inquietante colpo di scena: l’unico organo restituito e dal quale si sarebbe potuto rilevare l’arresto cardiaco, sarebbe sparito. A confermarlo lo stesso avvocato Mugnai, che di fronte all’archiviazione di un’inchiesta rimasta senza elementi, nel 2018 aveva annunciato la richiesta di riapertura del fascicolo e un’istanza di rogatoria internazionale per la trasmissione di tutti gli atti. «Che la causa della morte sia dovuta alla presenza nell’appartamento di una terza persona è confermata dagli atti di indagine», dicono i familiari, «e anche dal contenuto di un incontro tra l’ex ministro degli esteri Paolo Gentiloni con il pari grado venezuelano». Ora che sul Consolato si sono accesi i riflettori per la compravendita delle cittadinanze, la vedova potrebbe chiedere che il caso venga riaperto e che si faccia giustizia per Mauro.

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