Passaportopoli a Caracas, così si diventa "italiani": la Farnesina manda gli ispettori
Un giro di cittadinanze italiane false, ottenute da famiglie venezuelane attraverso furti d’identità e certificati anagrafici artefatti, in modo da dimostrare l’esistenza di un avo italico nell’albero genealogico e acquisire così il passaporto per discendenza, secondo il criterio dello jure sanguinis, ovvero il diritto di sangue. È questo il sospetto per cui il Consolato italiano a Caracas è finito sotto i riflettori degli inquirenti per una serie di pratiche sospette, che aprono scenari inquietanti e configurerebbero l’ipotesi di una compravendita delle cittadinanze.
Un sistema in cui sarebbero coinvolti avvocati, traduttori e funzionari e che interessa sempre gli stessi comuni. Gli approfondimenti investigativi sono partiti lo scorso 9 gennaio, quando il deputato di Fratelli d’Italia, Andrea Di Giuseppe, ha presentato un esposto alla Procura di Roma, per fare luce sul «rilascio di passaporti da parte delle autorità consolari italiane a beneficio di soggetti a vario titolo residenti in Venezuela (ma anche in Cile, Perù e Santo Domingo) non aventi titolo o, comunque, sulla base della documentazione pervenuta irritualmente mediante soggetti delegati e senza la doverosa sottoscrizione delle istanze in originale dinanzi al personale all'uopo abilitato dell'autorità consolare», si legge negli atti, in cui si fa inoltre riferimento a «opacità nella gestione dei fondi assegnati al consolato italiano a Caracas per spese umanitarie e opacità e attività illecite connesse alla mancata costruzione dell'ospedale italiano a Caracas».
Quei piccoli Comuni, il sospetto di false identità: e la cittadinanza è servita
Il deputato, che ha recentemente collaborato con la Guardia di Finanza rivelando notizie relative a soggetti coinvolti nella compravendita di visti di ingresso in Italia, sembra aver scoperchiato un vaso di Pandora. Perché la Farnesina, il 12 aprile scorso, ha inviato gli ispettori al Consolato venezuelano, accompagnati da finanzieri e carabinieri, che hanno setacciato per tre giorni i documenti nella sede diplomatica e trovato elementi utili. Il ministero degli Esteri ha, tra l’altro, richiesto ufficialmente al Console generale d’Italia a Caracas, Nicola Occhipinti, l’elenco delle pratiche processate tra il Primo ottobre 2023 e il 31 marzo 2024, oltre alla lista completa dei nominativi dei venezuelani che, negli ultimi cinque mesi, hanno ottenuto la cittadinanza per discendenza. Da lì l’Ispettorato ha stretto il cerchio, a campione, concentrandosi su alcuni venezuelani da poco diventati italiani, per i quali ha richiesto gli interi fascicoli. E quello che emerge è che si tratterebbe di personaggi molto controversi, imprenditori finiti alla ribalta delle cronache internazionali per i legami con il regime di Nicolás Maduro e per gli affari non proprio trasparenti, tanto da spingere, in passato, altri Paesi occidentali a negare loro il visto.
Su questi soggetti la Farnesina ha richiesto tutti gli atti registrati al Consolato, grazie ai quali i richiedenti hanno ottenuto la cittadinanza italiana per discendenza. Gli ispettori hanno passato al vaglio la certificazione dell’albero genealogico e riscontrato che, nella maggior parte dei casi, l’avo italiano viene sempre dagli stessi comuni. I luoghi di nascita riguardano soprattutto Marciana, all’Isola d’Elba, ma ci sono anche paesini dell’Abruzzo, come l’Isola del Gran Sasso, e piccoli comuni del Lazio. Il sospetto è che manchino anche alcuni atti originali o ci siano incongruità dei numeri di protocollo tra il foglio presentato e i registri ufficiali. È in corso un’attività di verifica sugli atti, che procede con grande riservatezza, così come sono coperte dal massimo riserbo le indagini degli inquirenti, che vogliono accertare l’eventuale coinvolgimento di diplomatici a Caracas e funzionari pubblici in Italia nel sistema di ricostruzione della discendenza. Perché il sospetto che l’avo sia oggetto di furto d’identità apre a due scenari differenti. Qualcuno che potrebbe aver preso materialmente in quei comuni i documenti di un uomo vissuto a metà ’800 o l’intervento di hacker, che inserendosi illegalmente negli archivi anagrafici avrebbero fornito il cognome da cui far partire illecitamente la discendenza. E rendere degli stranieri cittadini italiani.