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Casa di Montecarlo, e così Finì: le condanne all'ex capo di An e ai Tulliani

Rita Cavallaro
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L'eredità svenduta di Alleanza nazionale nella caduta di un leader. Il destino giudiziario di Gianfranco Fini si è compiuto ieri, con una condanna in primo grado a due anni e otto mesi. L'ex presidente della Camera è stato riconosciuto colpevole di concorso morale in riciclaggio. La sua unica colpa, pagata a caro prezzo con l’esilio dalla scena politica, è aver autorizzato la vendita della casa di boulevard Princess Charlotte 14, a Montecarlo, un magnifico loft lasciato in eredità al partito di via della Scrofa dalla contessa Anna Maria Colleoni. Di quella sofferenza ne ha parlato lui stesso in un'intervista al Tg1: «Ho pagato un prezzo salato a livello umano, anche per il coinvolgimento familiare. A livello politico c'è l'amarezza perché qualcuno, anche a destra, ha colto l'occasione per dire "Basta con Fini"».

Uscendo dall’aula dove la quarta sezione penale del Tribunale di Roma aveva letto la sentenza, l’ex leader di An ha spiegato: «Non sono stato ritenuto responsabile di riciclaggio, evidentemente l’unica cosa che ha impedito di assolvermi è l’autorizzazione alla vendita dell’appartamento che è del tutto evidente è stata da me autorizzata». Con lui alla sbarra, ma colpevoli di riciclaggio, anche la compagna Elisabetta Tulliani, condannata a 5 anni, il cognato Giancarlo, a 6, e il padre dei Tulliani, Sergio, al quale sono stati comminati 5 anni.

 

È per loro che Fini sarebbe stato coinvolto in quel sistema di riciclaggio e plusvalenze, messoin atto, secondo gli inquirenti, con la vendita della casa di Montecarlo da parte di An alla società Printemps Ltd delle Antille, dietro alla quale si sarebbero celati il cognato del leader di Alleanza nazionale e i capitali di Francesco Corallo, il re delle slot machine uscito dalla vicenda il 1 marzo scorso, grazie alla prescrizione. «Non ho autorizzato la vendita dell’abitazione di Montecarlo a una società riconducibile a Giancarlo Tulliani. Quando ho dato l'ok non sapevo chi fosse l'acquirente», ha dichiarato Fini, per il quale l'accusa aveva chiesto una condanna a otto anni.

Assistito dagli avvocati Michele Sarno e Francesco Caroleo Grimaldi, ha annunciato che farà appello avverso la sentenza, le cui motivazioni usciranno entro 90 giorni. Che l’ex presidente della Camera fosse del tutto «inconsapevole» del business del cognato e della provenienza del denaro utilizzato per l’acquisto, lo ha confessato la compagna Elisabetta, la quale ha ammesso di aver nascosto all'ex presidente «la volontà di mio fratello Giancarlo di comprare la casa di Montecarlo, la successiva vendita e il fatto di aver accettato la comproprietà propostami da mio fratello come restituzione di un prestito che gli avevo fatto anni prima. Ero certa che il denaro per l’acquisto fosse di mio fratello».

Invece, secondo i pm, quei soldi erano di Corallo, che all’epoca aveva un debito con il Fisco di 85 milioni di euro. L'acquisto sarebbe servito a riciclare una parte del capitale. D’altronde la compravendita del loft era stata un vero affare. Venduto da An nel 2008 per poco più di 300mila euro e ceduto nel 2015 a un milione 250mila.

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