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Gli egiziani “catturano” un peschereccio italiano, il governo lo libera

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Giuseppe China
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L’incidente diplomatico con l’Egitto era dietro l’angolo, ma l’intervento della diplomazia italiana ha evitato il peggio. Protagonista della nostra storia è un peschereccio - il Nicola Padre - battente bandiera tricolore partito nella notta di domenica da Santa Maria la Scala (Catania) fermato per circa tre ore dalle autorità egiziane, le quali contestavano all’imbarcazione di aver sconfinato nelle acque territoriali del Paese africano. Una vicenda a lieto fine gestita dal ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida, in collaborazione con il ministro degli Esteri Antonio Tajani e con quella della Guardia costiera rappresentata dal comandante generale del corpo delle capitanerie di porto, ammiraglio Nicola Carlone. Ma torniamo ai fatti.

 

 

Intorno alle 10 il peschereccio italiano è stato fermato da una motovedetta egiziana. Dopo aver intimato l’alt gli ufficiali africani hanno ordinato ai pescatori di seguirli per effettuare ulteriori accertamenti. A questo punto l’imbarcazione italiana non ha potuto far altro che comunicare quanto stava accadendo al centro nazione di soccorso della Guardia costiera. Circostanza che ha fatto scattare i contatti istituzionali tra i due Paesi. Una trattativa molto rapida, durata appena tre ore, dato che il peschereccio è stato rilasciato dalle autorità egiziane intorno alle 12.50, senza pagamento di oneri e sequestro di attrezzature a carico dell’armatore. Inoltre, occorre precisare che l’imbarcazione dei pescatori aveva il proprio Gps collegato al centro di collegamento del corpo delle capitanerie di porto della Guardia costiera, particolare che ha permesso alle istituzioni italiane di seguire l’evolversi della vicenda in tempo reale.

 

 

Sull’imprevisto del Nicola Padre e del suo equipaggio è intervenuto il vicepresidente di Confcooperative Fedagripesca Paolo Tiozzo: «Abbiamo segnalato subito il caso alle autorità italiane che sono immediatamente intervenute risolvendo una situazione che poteva complicarsi e portare a un nuovo ingiustificato sequestro. La barca si trovava, secondo le informazioni in nostro possesso, in acque internazionali». Quest’ultima affermazione tinge di giallo la storia del Nicola Padre, che per fortuna ricorda solo per certi versi quella della petroliera tricolore Enrica Lexie. Dove a bordo c’erano i marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, nel lontano nel 2012 accusati e poi scagionati dai magistrati indiani e italiani (nel 2022 il gip di Roma sancisce la fine del caso) per l’omicidio di due pescatori.

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