Regione Lazio, incubo morbillo: maglia nera italiana
La crescita del morbillo torna ad «ammorbare» la penisola: nel primo trimestre sono stati registrati 213 contagi, di cui 64 nel Lazio che, contando il 30% dei casi nazionali, ha anche la maglia nera dell’incidenza. Nella Regione, infatti, risulta tre volte più grande della media italiana (44,9 casi per milione di abitanti a fronte dei 14,5 del resto del Paese). Colpa del primo picco registrato a febbraio (24 casi), quando il Lazio ha quasi quadruplicato i 7 segnalati a gennaio. Ma anche il mese scorso c’è stato un nuovo incremento del 40% con i nuovi 33 casi registrati. Nel bollettino nazionale, stilato dal Dipartimento di Malattie Infettive dell’Istituto Superiore di Sanità, emerge che «l’età mediana dei casi segnalati è pari a 31 anni (range: 0- 69 anni) e tre quarti dei casi (74,2%) ha un’età compresa tra 15 e 64 anni. L’incidenza più elevata è stata osservata nella fascia di età 0-4 anni (63,3 casi per milione), seguita dalla fascia 15-39 anni (28,3 casi per milione)». Tanti, quindi, anche i casi che riguardano gli adulti.
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Decisamente troppi secondo il primario di Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova, Matteo Bassetti, che avverte: «La popolazione colpita è non vaccinata o con una sola dose, tra 15 e 40 anni, una fascia già messa in evidenza dal report dell’Ecdc che aveva registrato 30 mila casi nel 2023. Mi colpisce che nessuno si preoccupi per le complicazioni: non è una malattia tranquilla e gestibile, se la prendi in età adulta può essere grave e dare complicazioni». Infatti, sottolinea l’Iss, «56 casi (26,3%) hanno riportato almeno una complicanza. Le complicanze più frequentemente riportate sono state epatite/aumento delle transaminasi e polmonite. È stato segnalato un caso di encefalite in un giovane adulto, non vaccinato». Per l’infettivologo genovese i dati del primo trimestre fanno paventare l’avvio di «un’epidemia: abbiamo numeri significativi, 213 casi in 3 mesi, rispetto al 2023 con pochi casi. È solo l’inizio, il peggio deve arrivare e temo che sarà a cavallo dell’estate». Davanti al boom registrato il mese scorso, con gli 86 casi di marzo, aumentati del 150% rispetto ai 34 di gennaio, per il professor Bassetti ormai non c’è altra strada da imboccare che «la vaccinazione, è questo lo strumento di protezione che il Servizio sanitario nazionale deve mettere in campo. Non è più iniziativa del singolo, ma serve l’intervento dello Stato che deve tutelarsi con le vaccinazioni».
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Anche per Fabrizio Pregliasco, virologo dell’università Statale di Milano, «essendo il morbillo una malattia con un indice di trasmissibilità R0 molto alto (ogni caso ne può generare 13-15), e avvenendo il contagio attraverso il respiro, l’unica strategia è la vaccinazione». Secondo il virologo lombardo occorre «recuperare le seconde dosi mancate per quanto riguarda i giovani», mentre «fra gli adulti bisogna puntare ai soggetti più esposti, come insegnanti e operatori sanitari. Sicuramente vediamo una situazione legata al calo della copertura vaccinale». Il bollettino dell’Iss conferma: «Lo stato vaccinale è noto per 187 casi su 213 (87,8%), di cui 165 casi (88,2%) erano non vaccinati al momento del contagio, 11 casi erano vaccinati con una dose, nove casi con due dosi e per due casi non era noto il numero di dosi effettuate». Quasi la metà, nel 48,8% dei casi sono stati ricoverati (104): 20 casi si sono verificati a seguito di trasmissione in ambito nosocomiale, 19 in ambito lavorativo, 13 casi durante viaggi internazionali e 6 in ambito scolastico. Undici dei casi segnalati sono operatori sanitari, di cui 6 non vaccinati».
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