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Stellantis e la fuga dall'Italia, scende in campo il governo: il piano

Gianluca Zapponini

Sembra un po’ il gioco delle tre carte, non si sa mai dove sia la donna, che vince sempre sul banco. Lo stesso può valere per Stellantis, ormai al suo quarto anno di vita, dopo la fusione tra Fca e Psa, a fine 2020. Da mesi la sensazione, anche dentro il governo italiano, è che la fu Fiat sia costantemente tentata di abbandonare l’Italia, con la ragionevole prospettiva di un addio su larga scala, tutto a danno dell’economia, fornitori in primis. Non sono un mistero certe dichiarazioni del gran capo di Stellantis, Carlos Tavares, che più volte ha sbottato contro l’Italia e le sue magagne burocratiche e sindacali, minacciando il passo indietro. E a poco sono servite le rassicurazioni di John Elkann, l’azionista forte insieme allo Stato francese e la famiglia che controlla Psa, circa la prosecuzione dell’impegno industriale in Italia. Parole che hanno mitigato solo in parte i timori per un disimpegno dallo Stivale del costruttore, che oggi rimane l’unica casa automobilistica con un minuscolo fregio italiano, il marchio Fiat. Nemmeno l’apertura a Termoli della gigantesca gigafactory di Stellantis, che però non entrerà a regime prima del 2029, ha rasserenato gli animi.

 

La verità è che Exor, la holding della famiglia Agnelli, Bipfrance, il braccio operativo del governo francese e Psa hanno oltre il 40% dei voti in assemblea (il solo Stato francese ha il 6,1% del capitale). Marciando compatti, i tre azionisti saranno in grado di assumere in totale autonomia tutte le decisioni determinanti per il futuro di Stellantis, comprese eventuali delocalizzazioni. Un bel problema per il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, che più volte ha fissato la soglia psicologica di un milione di autoveicoli prodotti all’anno in Italia, anche grazie agli sforzi intorno al tavolo automotive aperto al Mimit proprio con il gruppo oltre un anno fa. Eppure ad oggi intorno al futuro in Italia dell’ex Fiat sembra esserci una cortina di fumo. Tanto basta ad agitare i sindacati, che proprio oggi, domani e dopodomani (2, 3 e 4 aprile) verranno ricevuti a Via Veneto per fare il punto su tre stabilimenti chiave di Stellantis: Melfi (Potenza), Mirafiori (Torino) e Atessa (Chieti). A Palazzo Piacentini sfileranno, oltre al ministro Urso e i dirigenti degli uffici tecnici del ministero, i rappresentanti di Stellantis, dell’Anfia e le organizzazioni sindacali. Seguiranno analoghi appuntamenti per gli stabilimenti Stellantis presenti in Abruzzo, Campania, Emilia Romagna, Lazio e Molise. Tornando a Mirafiori, nel sito simbolo dell’epopea Fiat e dell’autunno caldo di 44 anni fa, mancano le commesse.

 

Per risollevare l’automotive, oltre all’intesa da raggiungere con Stellantis, l’esecutivo sta passando in rassegna, ascoltandoli, tutti i protagonisti della componentistica auto italiana: fornitori, lavoratori, enti locali. Ma Mirafiori è in cassa integrazione da 11 settimane e con gli operai Maserati in solidarietà fino a fine anno. Non è un caso che allo stabilimento torinese la produzione della Fiat 500 elettrica è stata sospesa dal 25 marzo al 2 aprile per mancanza di ordini. E se Mirafiori frena, si ferma un bel pezzo dell’indotto automotive del Piemonte ancora molto legato a Stellantis e ai suoi marchi. Diverso il discorso di Pomigliano, dove la Panda, una delle auto più vendute in Europa, tiene in vita le linee di produzione.

C’è poi il fronte algerino. Attenzione, che Stellantis voglia rafforzare la sua presenza in Africa è quasi una non notizia. Lì ci sono già tutte le principali case automobilistiche, da Volkswagen a Renault o Toyota. Il Marocco è il principale hub africano delle quattro ruote, con una produzione di vetture già paragonabile a quella italiana ed una fiorente industria di componentistica che rifornisce stabilimenti in Europa. Eppure, il dubbio si instilla. In soli due mesi dall’inaugurazione, l’11 dicembre 2023, la casa automobilistica con sede legale in Olanda sta accelerando l’ampliamento dell’impianto di assemblaggio Fiat di Tafraoui, a Orano, in Algeria. E lo fa in anticipo rispetto ai piani iniziali. L’obiettivo è passare da semplice fabbrica di assemblaggio a un polo industriale in grado di competere con altri colossi del settore nel continente africano.

Il 16 e 17 aprile, Stellantis incontrerà i fornitori sia locali che stranieri della componentistica per auto provenienti da Francia, Italia, Romania e Turchia: lo scopo è selezionare partner per la seconda fase della produzione locale di veicoli nel nuovo impianto dove viene prodotta, tra gli altri modelli, anche la versione ibrida della Fiat 500, prodotto di culto del Made in Italy e dello stile di vita italiano. Appunto.