università
Ramadan, Montanari sospende la didattica. Feltri: "Segnale di debolezza"
Ma non è che a forza di inseguire a tutti i costi il pluralismo etnico e culturale, in particolare religioso, stiamo smarrendo la nostra identità? È la legittima domanda che si pongono quegli italiani di stampo un po’ più conservatore legati a una sempre meno radicata tradizione cattolico-cristiana, di fronte al caso della chiusura deliberata dal consiglio di istituto del Comprensivo statale di Pioltello, nella provincia milanese, per celebrare la fine del periodo di Ramadan prevista per il prossimo 9 aprile. Decisione bissata poi anche dall’Università per stranieri di Siena del rettore Tomaso Montanari che ha sottoscritto un atto nel quale si informa come la scelta sia dettata da un “visibile segno di solidarietà con la popolazione palestinese di Gaza, in grandissima parte musulmana, sottoposta a un incessante, inaudito, massacro”. Oltre che dal consueto “intento di favorire la civile e pacifica convivenza che nasce dal reciproco riconoscimento e rispetto”.
Matteo Salvini in merito al caso della scuola di Pioltello si è espresso con franchezza, etichettandolo come “un segnale di cedimento e arretramento”, perché “è vero che bisogna spiegare ai bambini di ogni etnia e religione quanto è bello conoscersi”, però in fin dei conti “siamo in Italia”, e “non credo che in nessun Paese islamico chiudano per la Santa Pasqua o per il Santo Natale”. Addirittura più tranchant è il commento di Vittorio Feltri. Nella sua rubrica La Stanza nella quale risponde alle riflessioni dei suoi lettori, pur riconoscendo “il dovuto rispetto per ciò che è diverso e la non discriminazione di qualsiasi tipo”, ha asserito che il “rispetto non implica” alcuni dei fenomeni ai quali stiamo assistendo nella società contemporanea. Fenomeni entro i quali il direttore editoriale de Il Giornale ravvisa “una specie di debolezza da parte nostra, derivante da un politicamente corretto che sta annientando le radici della nostra società”. Ma quali sono le nuove tendenze criticate da Feltri? Anzitutto, “la rinuncia alle proprie tradizioni allo scopo di non offendere in qualche modo coloro che coltivano altre usanze”. Ma poi anche “un adeguamento remissivo alla cultura altrui”. Insomma, “quella della società occidentale è una resa incondizionata nei confronti del mondo islamico”, vista anche “la colonizzazione culturale di quelle genti sul nostro territorio pur essendo degli ospiti”. In tutto questo, tiene a rammendarcelo il direttore, “la condizione delle donne in Afghanistan - ma anche in molti altri Paesi musulmani, ndr – è sempre più difficile”. Il suo discorso è chiaro: non bisogna dimenticarsi chi sono loro e che pratiche attuano nella loro cultura. Rispetto e assenza di discriminazione sì, assoggettamento culturale anche no.