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Bari, le mani della mala sui trasporti e lo spettro dell'assessore ombra
Le mani della mafia su Bari, con i suoi tentacoli nei gangli vitali della città. Dal controllo sulla partecipata dei trasporti all’influenza sul consiglio comunale, guidato dal paladino antimafia dem Antonio Decaro. La potente famiglia capeggiata dal boss Savino Parisi, negli ultimi vent’anni, ha tessuto un intreccio tra politica e criminalità così profondo da necessitare misure interdittive antimafia dei giudici e l’intervento della commissione ministeriale, per valutare lo scioglimento del Comune. L’elemento più inoppugnabile è l’Amtab, l’azienda dei trasporti in house commissariata dal Tribunale di Bari sulla base dei «sufficienti indizi per ritenere che il libero esercizio di determinati sistemi economici, gestiti da Amtab Spa, sia direttamente che indirettamente sottoposto alle condizioni di intimidazione o di assoggettamento previste dall’art. 416-bis c.p. (ipotesi dell’impresa vittima)» della mafia, scrive il giudice Giulia Romanazzi, che il 22 febbraio scorso ha disposto l’interdittiva. Un’azienda del Comune del tutto in mano al clan Parisi che, attraverso il responsabile dell’Area sosta Giovanni Del Core, disponeva le assunzioni degli affiliati e guadagnava denaro dalle strisce blu. Del Core, infatti, era diventato una pedina nelle mani di Tommaso Lovreglio, nipote del capo Savino Parisi e impiegato all’Amtab, e di Michele De Tullio, detto «sotto ghiaccio», cognato del nipote del boss. I due erano dunque l’espressione della famiglia criminale nella partecipata del Comune di Bari e, con una costante azione intimidatoria, imponevano i loro ordini a Del Core, soprattutto riguardo alle persone del clan da assumere.
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Un passaggio esplicativo dell’ordinanza riporta le intercettazioni della vittima, la quale diceva che non dormiva la notte per la paura, che non riusciva più a reggere quella situazione e che stava maturando l’idea di licenziarsi. La forza dell’organizzazione mafiosa, tra il 2018 e il 2019, porta alle assunzioni nell’azienda dei trasporti di Annaelena Parisi, figlia del fratello del boss Savino, di Luigi Carrassi, cognato del fratello del proconsole del boss, di Annarosa Lovreglio, nipote di «sotto ghiaccio», di Iolanda Stringano, cugina di Tommaso Lovreglio, e di Tommaso Gargano, figlio della sorella del capo clan. Queste sono solo le ultime assunzioni, perché sono diversi gli affiliati imbarcati in Amtab. Anche il fratello del capoclan, secondo il pentito Nicola De Santis, sarebbe stato assunto nel 2011 grazie alle promesse politiche. «Per quanto riguarda l’assunzione di Parisi Massimo all’Amtab, ricordo che questi si era impegnato nelle campagne elettorali di Decaro e Giorgio D’Amore alla circoscrizione zona Japigia Torre a Mare tra il 2008 e il 2010; gli incontri sono avvenuti circa 7 mesi prima o al massimo un anno prima dell’assunzione successiva di Parisi Massimo all’Amtab», testimonia il collaboratore di giustizia, che aggiunge come «si trattava di elezioni locali e Decaro era all’Assessorato dei Trasporti. Alla riunione che avvenne nei pressi di un bar nella piazza di Torre a Mare, area pedonale, partecipai anche io e vi erano Decaro, il padre Giovanni, D’Amore Giorgio, Parisi Massimo, De Tullio Michele ed altri. De Tullio Michele mi disse che dovevamo sostenere Decaro e Parisi Massimo sarebbe stato così assunto».
E ancora, il clan si sarebbe interessato alle primarie del 2014 per determinare il candidato sindaco di Bari della coalizione di centrosinistra. È all’epoca che emerge il legame tra Lovreglio e Giacomo Olivieri, l’ex consigliere regionale arrestato insieme alla moglie Maria Carmen Lorusso, consigliera nella maggioranza di Decaro, nell’ultima operazione della Dda per voto di scambio politico-mafioso. Olivieri, al tempo, si classificò dietro l’attuale sindaco. Poi, nell’ultima tornata, grazie all’appoggio dei Parisi, ha portato in Consiglio comunale la moglie, passata strategicamente dall’opposizione alla maggioranza di Decaro. Una vittoria per gli affiliati del clan, i quali, intercettati, dicevano che con Lorusso al Comune avrebbero potuto fare quello che volevano. E forse non esclusivamente con lei, perché da una conversazione riportata agli atti, il gip sottolinea come Olivieri «nell’attuale consiglio comunale di Bari, ritiene di poter contare non solo sulla moglie Lorusso e su Di Rella Pasquale, ma anche su altri consiglieri, alcuni dei quali appartenenti all’attuale maggioranza politica e/o con un passato politico in "Realtà Italia", ossia il movimento precedentemente creato e capeggiato dallo stesso Olivieri». Il quale, forte del legame con il clan, mirava a diventare un assessore ombra. Lo confessa ad Andrea Dammacco, l’ex presidente del II Municipio, al quale dice di avere davanti cinque anni garantiti in Consiglio Comunale, perché tanto tutta la lista Realtà Italia sta dentro, e che appena avrebbe avuto disponibilità di una mazzetta da 200mila euro avrebbe raggiunto l’obiettivo di fare l’assessore esterno. Perché, sghignazzava, il ruolo da assessore con Decaro non vale nulla, visto che al sindaco Pd non gliene importa niente della sua Giunta.