cardinale condannato

Caso Becciu, al convegno pioggia di critiche: “Come Tortora”, “Processo staliniano”

‘La giustizia nello Stato Città del Vaticano e il caso Becciu’. E’ questo il nome del convegno promosso da Quaderni Radicali e Agenzia Radicale presso la Fondazione Willy Brandt, a Roma. Tra gli ospiti è intervenuto Ernesto Galli della Loggia: «Si è trattato di un processo politico, la sentenza è stata decisa in anticipo, come testimonia il fatto che il cardinale Becciu è stato privato dei suoi titoli e uffici prima ancora che il tribunale si pronunciasse. Sono colpito dal compiacimento di una opinione pubblica evidentemente convinta che i prelati, specie quelli che stanno molto in alto, siano sempre dei poco di buono. Un atteggiamento rafforzato dalla convinzione che il castigatore, questo Papa, è diffusamente considerato come una voce di verità e giustizia. La stampa ha sottaciuto le anomalie clamorose. E’ un simili caso – sentenzia lo storico - Enzo Tortora. Credo che come allora la stampa non si interrogò sull’accusatore, Melluso, lo stesso stia avvenendo con Alberto Perlasca. E che dire, per esempio, del fatto che il Sommo Pontefice interviene quattro volte, con quattro distinti rescritti, per cambiare le regole processuali, in alcuni momenti in cui l’accusa si dimostra debole? Cosa c’è realmente dietro il processo Becciu?».

 

 

Pure don Filippo Di Giacomo non nasconde il proprio punto di vista sulla condanna del cardinale: «Sarà forse la Procura di Sassari a dire se qualche somma sarà stata oggetto di speculazioni. Quindi un cardinale per avere giustizia, deve ricorrere a un giudice italiano? Non è forse il momento che la Chiesa rinunci al Concordato e si affidi al diritto comune?».  

 

 

Poi è il turno dell’ex magistrato Otello Lupacchini, che usa toni duri: «Prendo la parola con imbarazzo. E’ una vicenda che dire kafkiana è un eufemismo, perché evoca piuttosto i processi staliniani e l’inquisizione. Dossieraggio? Una serie di accessi riguardano personaggi coinvolti nel processo Becciu, e non si tratta di cose accadute quando l’indagine era già avviata o in corso, ma di cose che hanno determinato l’avvio delle indagini. Questo processo stride con la logica, con la terzietà del giudice, con la carità cristiana».