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Giudice anti-governo premiato dal Csm. I post di Sebastiano Mignemi su Meloni

Giuseppe China
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Nonostante da mesi i suoi post politici su Facebook fossero conosciuti dal Csm e dai giornali, anche il penultimo ostacolo che si frapponeva tra il magistrato Sebastiano Mignemi e la nomina a presidente di sezione della Corte di Appello di Catania è saltato. Ieri infatti la quinta commissione di Palazzo Marescialli (quella che si occupa di nomine) ha dato il via libera alla toga con cinque pareri favorevoli e l’unica astensione della consigliere laica (in quota FdI) Daniela Bianchini. Dunque adesso spetterà al plenum ratificare in maniera definitiva l’assegnazione dell’incarico a Mignemi. Quest’ultimo è finito sotto la luce dei riflettori mediatici per i numerosi messaggi - ormai non più visibili - che diffondeva sul noto social network. I bersagli preferiti? Molti politici del centrodestra: il premier Giorgia Meloni, il leader della Lega Matteo Salvini, il fondatore di Forza Italia Silvio Berlusconi e il ministro per la Protezione Civile Nello Musumeci.

 

Per esempio a proposito della visita istituzionale del presidente del Consiglio Meloni in Etiopia sulla sua bacheca il 17 aprile 2023 aveva condiviso un post di una pagina satirica, corredato da emoticon sorridenti, nel quale si leggeva: «La Meloni in Etiopia. Ma allora è un vizio!». Pochi giorni dopo stesso schema con annesso refuso: «Berlusconi è un precursore della sostituzione etnica dai tempi della nipote di Mubark». Immancabili pure le condivisioni di alcuni titoli di giornale come: «25 aprile a Marzabotto, l’Anpi appoggia la scelta della sindaca di non volere sul palco La Russa e i nostalgici: "Giustissimo"». E ancora un pezzo online: «Santanchè sfrecciava in Maserati e i dipendenti erano senza paga». Dei post di Mignemi si occupano le testate locali, Il Giornale e Il Foglio. Un caso che viene paragonato a quello della collega di distretto Iolanda Apostolico, ma il diretto interessato durante l’audizione in quinta commissione respinge le accuse al mittente.

 

«Vi confesso, con estrema sincerità, che l’articolo inizialmente mi ha colpito sotto un duplice profilo: il primo - spiega Mignemi di fronte ai consiglieri - è quello relativo all’incipit, dove c’è un accostamento alla vicenda Apostolico, che, per il mio modo di giudicare, è un accostamento che mi sembra ultroneo, perché nel mio caso non c’è nessun provvedimento giurisdizionale che è finito al centro delle polemiche». Poi il riferimento al fatto che «col presidente Musumeci la Comunità di Sant’Egidio in Sicilia ha lavorato tantissimo e nel 2021 è stata varata (...) la legge di contrasto alla povertà». A chi gli domanda se rifarebbe i post Mignemi replica: «Probabilmente esprimerei le stesse opinioni, non con la stessa forma e non con gli stessi accenti polemici che il mezzo nel quale vengono veicolate amplifica (...)». Poi il magistrato chiosa: «(...) Non ho mai portato dentro un mio provvedimento, un mio convincimento, per rispetto della toga che indosso. Quando entro al palazzo di giustizia le mie idee restano le mie idee; il mio lavoro sono le mie carte»

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