Ilaria Salis, ambasciata "non idonea" per i domiciliari. Botta e risposta Tajani-Pd
Le condizioni detentive di Ilaria Salis «sono in netto miglioramento», dopo le immagini shock del 29 gennaio, e l’insegnante italiana 39enne detenuta in Ungheria «è stata seguita dall’ambasciata sin dall’inizio della vicenda giudiziaria». E anche in questi giorni le interlocuzioni con i suoi avvocati e con la famiglia proseguono «così come per ciascuno dei circa 2.405 italiani detenuti all’estero» perché «siamo la patria di Cesare Beccaria, il garantismo ispira il nostro agire per quanto riguarda il rispetto dei detenuti: quello che conta è la tutela della dignità della persona». Così il ministro degli Esteri Antonio Tajani, nella sua informativa sul caso Salis alla Camera, in cui ribadisce che in ogni caso «l’unica strada da seguire è quella delle regole».
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Tajani, in una lunga ricostruzione puntuale delle comunicazioni intercorse tra la detenuta e l’ambasciata, ripercorre le condizioni iniziali di detenzioni e i miglioramenti ottenuti volta per volta, in seguito all’intervento dell’Ambasciata: l’ottenimento della possibilità di comunicare con l’esterno, dapprima negata, il cambio di cella dopo la segnalazione di una non corretta areazione, la necessità di seguire una dieta specifica prescritta a Ilaria Salis dal medico. L’Ambasciata italiana a Budapest, assicura, «si è attivata immediatamente per fornire ogni possibile assistenza alla signora Salis e ai suoi familiari, con cui ha intrattenuto un intenso dialogo, ha effettuato frequenti visite consolari in carcere ed è intervenuta per venire incontro alle richieste della connazionale rispetto alle sue condizioni detentive».
Condizioni che in questo momento «sono in netto miglioramento, sotto l’aspetto igienico, sanitario, le state fornite coperte nuove, sono state introdotte novità nella dieta e si registra un approccio più cortese da parte del personale e regime più elastico per le comunicazioni con la famiglia. Ha avuto accesso ai video mentre riscontra ancora difficoltà nell’accesso agli atti tradotti in italiano, su questo l’ambasciata ha fatto una nuova segnalazione».
Dopo l’incontro con Nordio e Tajani, il padre di Ilaria Salis si era detto pessimista circa la possibilità che sua figlia possa uscire dal carcere in tempi brevi: Tajani spiega che «Salis ha fatto due richieste, una missiva alla magistratura ungherese per richiedere la detenzione domiciliare e l’ipotesi di svolgerla in Ambasciata. Il ministro Nordio ha illustrato le ragioni di diritto per cui questa seconda ipotesi non è possibile: l’ambasciata non è un luogo idoneo per l’esecuzione di misure coercitive, non è una casa privata e vi sono contenuti documenti importanti e riservati e c’è la necessità di preservare la sicurezza della sede. Servirebbero lavori all’interno dell’ambasciata per creare una apposita area, e un incremento del numero dei Carabinieri». Questo è stato il passaggio più caldo del suo intervento, con un botta e risposta imprevisto con Giuseppe Provenzano del Pd su tutti, che ha urlato «quali sarebbero i problemi di sicurezza? Avete paura ci siano neonazisti in Ambasciata?» e poi, a risposta di Tajani, ha aggiunto: «non avevate la stessa preoccupazione con la documentazione segreta del ministero della giustizia».
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Tajani ha ribadito che il ministro Nordio «ha nuovamente prospettato all’avvocato ungherese di Ilaria Salis l’opzione di presentare una istanza per la detenzione domiciliare in Ungheria, unico modo attraverso il quale sarebbe poi possibile ottenerli in Italia». Quindi la vena polemica finale nei confronti delle opposizioni: «È paradossale che chi si erge a difensore della magistratura ora chieda a noi di fare pressione sui giudici ungheresi - chiude Tajani - è un corto circuito che alimenta tensioni e polemiche che danneggiano innanzitutto la questione di Ilaria. Non trasformiamo la vicenda in un caso politico che regala sicuramente grandi titoli sui giornali ma non fa il bene della signora Salis. L’unica soluzione è procedere secondo le regole».