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Saluto romano, la Cassazione svergogna la sinistra: "Non è reato se..."

Il saluto romano è punibile solo se accompagnato dalla volontà di ricostituire il partito fascista. A decretarlo è la Cassazione a sezioni riunite con la sentenza con cui è stato disposto un nuovo processo di Appello nei confronti di otto militanti di estrema destra che avevano compiuto il gesto nel corso di una commemorazione a Milano il 29 aprile 2016. Si ricordava Sergio Ramelli, studente milanese di diciannove anni militante del Fronte della Gioventù aggredito il 13 marzo 1975 da un gruppo di militanti della sinistra extraparlamentare, deceduto in seguito alle ferite riportate. In altre parole, il saluto romano non è reato se fatto nell'ambito di commemorazioni, e per essere perseguito penalmente dovrebbe accompagnarsi alla volontà di ricostituire il partito fascista. 

 

Come noto, tutto si gioca sull'interpretazione delle leggi Scelba e Mancino, tornate d'attualità anche per le polemiche seguite alla consueta commemorazione di Acca Larentia a Roma, cavalcata dalla sinistra per dare addosso al governo di centrodestra, nonostante come detto si tratta di scene viste ogni anno. "Le sezioni unite della Cassazione dichiarano che il saluto romano è punibile dalla legge Scelba solo quando per le circostanze concrete della sua esplicazione e manifestazione ci sia reale e concreto pericolo di ricostituzione del partito fascista. Cosa che ovviamente non è nella cerimonia commemorativa del presente", commenta l’avvocato Domenico Di Tullio, difensore di due fra gli imputati per il saluto romano durante la commemorazione avvenuta a Milano nel 2016 dopo la decisione delle Sezioni Unite della Cassazione. "Il saluto romano fatto da oltre 40 anni nel corso di commemorazioni di defunti e vittime del terrorismo non è reato", sottolinea il legale all'Adnkronos, "per la contestazione della Legge Mancino è necessario che ci sia un’organizzazione che ha tra gli scopi la discriminazione razziale e la violenza razziale. Non è il caso del presente e del saluto romano che non ha i requisiti della riorganizzazione né di discriminazione. Non è dunque sussumibile nelle due fattispecie ipotizzate". 

 

Sentenza che, di rimando, stronca settimane di polemiche strumentali per i fatti di Acca Larentia. Da avvocato il presidente del Senato Ignazio La Russa aveva dichiarato che "attendeva con interesse di conoscere l’esito della imminente decisione a sezione riunite della Cassazione" perché riteneva "occorresse chiarezza". Ora, dopo la decisione delle sezioni unite, fonti della presidenza del Senato sottolineano che La Russa oggi non parla e si limita a far sapere che la decisione della Cassazione che annulla la sentenza della corte di appello e dispone nuovo processo "si commenta da sola".