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Giulia Cecchettin, il "volume emotivo" dei follower: cosa è successo sui social

Domenico Giordano
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La morte di Giulia Cecchettin probabilmente non eviterà altre tragedie, nuovi femminicidi, però ha lasciato nei milioni di follower che hanno seguito la vicenda un seme che questa volta sempre più resistente alla temperie della rete. L’altra mattina nella basilica di Santa Giustina a Padova si sono svolti i funerali di Giulia davanti a migliaia di persone che hanno affollato le navate della chiesa e la piazza antistante. A loro si sono aggiunti, in numero molto più consistente, coloro che hanno seguito collegandosi con il loro smartphone le diverse dirette social e i tantissimi che poi sulle piattaforme hanno continuato a commentare e condividere per l’intera giornata i post e i video di una cerimonia che sin dalla vigilia è diventatalo specchio della coscienza collettiva degli italiani.

 

I numeri complessivi delle nostre reazioni, nostre perché da follower abbiamo avvertito fortissima l’esigenza morale-emotiva di dover in qualche modo manifestare alternativamente indignazione, solidarietà o semplice vicinanza, hanno totalizzato in poche ore circa 380 mila interazioni. Un pubblico ampio che ha anche una precisa identità di genere ed anagrafica, in quanto composto dal 60% da donne e da oltre il 45% da cittadini con un’età compresa dai 18 ai 34 anni e che ha utilizzato molto spesso un cuore rosso come emoji per commentare le esequie di Giulia.

 

Se però proviamo a guardare oltre il pallottoliere delle reaction, alla ragioneria del like, questa copiosa messe di atteggiamenti digitali ci lascia in dote qualcosa in più e di diverso, anche rispetto ad altre simili tragedie, non ultima quella di Giulia Tramontano, uccisa incinta di sette mesi lo scorso 27 maggio a Senago dal fidanzato Alessandro Impagnatiello. Perché la morte di Giulia Cecchettin ha avuto una particolare dinamica spazio-temporale che altri episodi di femminicidio non hanno avuto e che ha determinato di per sé una partecipazione non solo molto più profonda, ma anche più autentica. Un’attenzione digitale che è montata ora dopo ora, giorno dopo giorno.

Infatti, nei primi momenti in rete c’è stata la preoccupazione perla scomparsa senza alcun motivo apparente dei due ex fidanzati, poi sono iniziate le ricerche di Giulia perché la ricostruzione investigativa aveva chiarito più di un particolare di questa strana vicenda. Da Vigonovo, dove Giulia abitava, luogo dell’ultimo avvistamento la sera dell’11 novembre siamo passati al 18 novembre quando le forze dell’ordine hanno rinvenuto il corpo della giovane studentessa padovana nei pressi del Lago di Barcis, in provincia di Pordenone per poi passare l’indomani, domenica 19, all’arresto in Germania di Filippo Turetta rintracciato dalla polizia locale in autostrada nei pressi di Bud Durremberg, cittadina poco distante da Lipsia.

In questo racconto dipanatosi nello spazio e nel tempo di tre settimane, diventato così una grande tragedia italiana, si sono poi inseriti altri due inneschi emotivi, che in altre occasioni sono mancati, le parole pronunciate in chiesa e nei giorni scorsi da Gino, il papà, e da Elena, la sorella di Giulia Cecchettin. Questa speciale combinazione è riuscita, pur nel rispetto del dolore e dell’immensa tragedia, a produrre un volume emotivo amplissimo e sinceramente coinvolgente, fatta ovviamente la tara per una percentuale di follower psicologicamente labili, che ha finito per bucare la scorza dell’abitudine alla violenza, che ci ha indotto a riflettere con noi stessi e con le nostre paure affettive. Come già è accaduto, in altre epoca e con un diverso medium, la televisione in quel caso, quando gli italiani a giugno del 1981 seguirono per giorni interi i tentativi vani di salvare la vita al giovanissimo Alfredino Rampi caduto accidentalmente in un pozzo artesiano nelle campagne di Vermicino. 

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