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Osho, un anno da ridere: il libro delle migliori vignette del 2023 da Soumahoro a Schlein

Alberto Fraja
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Sulla copertina del suo ultimo libro, il quarto (consiglio non richiesto: regalatelo a Natale, fa morire dal ridere), con la sua solita, esilarante sagacia, Federico Palmaroli in arte Osho, oppure Osho in arte Federico Palmaroli se preferite, ironizza sulla vittoria di Elly Schlein alle primarie del Pd del febbraio scorso. La copertina immortala infatti la vispa capataz piddina incerta nel fare il pugno chiuso al modo canonizzato dal più ortodosso simbolismo comunista. «Er pugno se fa co ladestraoco la sinistra?» si chiede impacciata la Elly. Una condizione di disorientamento del tutto evidente ché, se ci fate caso, la mano della Schlein che alla fine si chiude a pugno è la destra. Con una semplice foto Osho fornisce l’indizio abbastanza evidente di quella crisi di identità del più importante partito d’opposizione difficile da risolvere con il farlocco rito delle elezioni primarie o, peggio ancora, con un congresso.

 

La nuova fatica letteraria di Palmaroli, un diario di viaggio dell’anno appena trascorso, un manuale di battute folgoranti che aiutano con un sorriso a capire la società contemporanea, riparte da dove ci aveva lasciati con quello dello scorso anno, quindi dall’insediamento del Governo Meloni. L’autore passa in rassegna i fatti legati al Governo ma c’è anche (di nuovo) la Schlein con la sua armocromista, la vicenda Soumahoro, ci sono le vicende ucraine trattate in una forma molto delicata mai ironizzando sulla guerra ma su vicende più laterali, e poi l’orso, il granchio blu e c’è anche Di Maio, «che è una mancanza che sento moltissimo, ogni tanto per fortuna dà notizia di sé dagli Emirati Arabi, e per me è sempre un gran piacere ospitarlo nelle mie vignette» commenta l’autore. Le tavole di Osaho sono un abracadabra del buonumore, il miglior viatico per cominciare la giornata nel più gradito dei modi. Anche se sotto casa ti attendono i bus pieni, un cinghiale con cucciolata al seguito e qualche quintalata di immondizia mai raccolta.

 

In questi anni Federico Palmaroli è diventato, suo malgrado, un fenomeno mediatico. Un talento, il suo, che è partito dalla rete, ma che oggi è diventato persino oggetto di studi sociologici. La sua satira non fa sconti a nessuno, non fa figli né figliastri: da papa Bergoglio a Conte, da Mattarella a Salvini alla Schlein appunto. Chiunque finisca nel suo mirino è debitamente, anche se mai volgarmente, caricaturizzato e perculato.

 

La satira di Palmaroli è pungente, mette a nudo le ambiguità e le debolezze della comunicazione dei nostri politici, spesso li ridicolizza, altre volte ne esalta alcuni tratti distintivi attraverso frasi icasticamente efficacissime siccome in grado di coglierne al meglio l’espressione del momento. Nota fondamentale: i suoi sfottò sono in rigoroso slang romanesco, l’esperanto più efficace per verve sarcastica e capacità di comprensione. Detto altrimenti: le tavole di Osho le capiscono tutti, dall’Alpe a Capo Passero. È questa la ragione per la quale tutto ciò che Federico mette in rete raggiunge ogni volta centinaia di migliaia di persone.

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