Giulia Cecchettin, 20 fendenti contro di lei. Il papà: il suo sacrificio non sia vano
Sono più di venti le coltellate che hanno ucciso Giulia Cecchettin. Il medico legale che ha effettuato l’ispezione cadaverica sul corpo della 22enne, ne ha repertate diverse su varie parti del corpo, sparse fra la testa e il collo, dove si ipotizza possa essere stata sferrata una di quelle rivelatesi mortali. Solo in sede di autopsia, prevista già questa mattina, potrà essere stabilito con certezza quanti sono stati i fendenti inferti dalla mano del presunto assassino e, in quella sede, si potrà circoscrivere l’ora della morte. Questo elemento sarà fondamentale per stabilire la competenza territoriale della procura e del tribunale dove si incardinerà il processo per omicidio nei confronti di Filippo Turetta.
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Approfondimenti investigativi da parte dei carabinieri inoltre sono in corso su una lama di coltello spezzata ritrovata nella zona industriale di Fossò e su alcuni sacchi di plastica neri sequestrati sul fossato del lago di Barcis, a poca distanza dal cadavere di Giulia. La famiglia della ragazza ha accolto la notizia dell’arresto con «grandissima dignità». A dirlo ai cronisti davanti la casa della giovane trovata morta nella zona del lago di Barcis è stato il comandante provinciale di Venezia, Nicola Conforti che ieri mattina è arrivato a casa di Giulia per comunicare ai familiari l’arresto di Filippo. La sua cattura «è stata una grande risposta, è un risultato importante», ha detto il legale della famiglia Cecchettin, Stefano Tigani. «È stata una settimana pesantissima, si chiude un cerchio. Solo l’iter processuale ci potrà dire cosa è successo», ha spiegato e ha aggiunto che almeno «abbiamo riportato a casa Giulia, purtroppo però senza vita».
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È una comunità sconvolta quella di Vigonovo. In migliaia hanno partecipato ad una fiaccolata. Amici, amici, parenti e conoscenti si sono stretti intorno al dolore della famiglia Cecchettin. Tanti applausi e molte lacrime hanno solcato il viso dei presenti, compresi quelli della sorella e del papà di Giulia. Elena e Gino si sono commossi in un abbraccio. Poco prima avevano espresso il desiderio che il sacrificio della loro amata Giulia «non sia vano». «Vogliamo guardare al futuro perché Giulia non tornerà. Abbiamo tanta strada da fare, da questa vicenda deve nascere qualcosa», ha detto Gino spiegando che «come famiglia ci impegneremo perché non succeda più quello che è successo a Giulia». Anche la sorella Elena spiega come sia necessario «proteggere le ragazze del futuro e del presente». Per tutta la giornata c’è stato un viavai continuo fuori dalla villetta a due piani di via Aldo Moro 12 da cui sabato Giulia è uscita, senza fare più ritorno. Sono tantissimi i fiori, i peluche e i biglietti intorno alla casa mentre sul cancello ci sono ancora i fiocchi rossi che la sorella aveva sistemato giovedì, il giorno della discussione della tesi di Giulia. Durante il pomeriggio arriva Luca, un giovane architetto. Ha in mano una corona di alloro, quella della sua laurea. L’ha portata per «donarla a Giulia se la famiglia la vorrà conservare» anche se «sarebbe stato bello se l’avesse ricevuta da suo padre». Tantissimi sono i bambini che insieme ai genitori vengono a lasciare una rosa o un biglietto. Uno di loro porta tra le mani una foto di Giulia e preso in braccio dal papà la appende sul cancello.
È stato proprio il bambino a esprimere il desiderio di portare la foto della giovane uccisa. Un gesto che - secondo il papà, un vicino di casa della famiglia Cecchettin- è importante «per insegnargli a essere uomo per far sì che queste cose non succedano più. È l’unica cosa che possiamo fare», spiega ai cronisti. Con il suo bambino tra le braccia esprime il dolore di non essere «riuscito a proteggerla. La sera usciamo sempre con il cane tardi, quella sera siamo usciti prima» e si chiede se «forse avremmo potuto salvarla».