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Giulia Cecchettin, così Roberta Bruzzone incastra Filippo Turetta: perché l'ha uccisa

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«Turetta è un passivo-aggressivo, narcisista. Un cosiddetto "covert" che non ti perdona che gli altri possano pensare che sei migliore di lui». È questa la lettura che la criminologa Roberta Bruzzone, contattata da LaPresse, fa della psicologia di Filippo Turetta, arrestato in Germania con l’accusa di aver ucciso l’ex fidanzata, Giulia Cecchettin. «La molla di questa storia non è la fine della relazione - spiega Bruzzone - che, probabilmente, lui avrebbe pure tollerato ma il problema che lei, laureandosi prima di lui, diventava qualcosa di intollerabile. Perché emergeva pubblicamente che lei era migliore di lui, o almeno questa era la lettura che lui ha dato». Per Bruzzone la premeditazione del gesto è chiara. Filippo Turetta «l’ha invitata a cena, ha provato a convincerla a non laurearsi prima di lui - dice - come ha tentato di fare in tutto il periodo precedente, lei evidentemente non ha accettato e, a quel punto, lui aveva già il coltello con sé. Aveva già fatto ricerche su come sopravvivere in montagna quindi era già pronto al piano b. Come spesso accade con queste personalità».

 

 

 

Turetta è stato catturato in Germania, vicino a Lipsia, dopo una fuga durata 7 giorni attraverso tre Stati. Un viaggio di circa mille chilometri e concluso soltanto nel momento in cui l’auto del ragazzo è rimasta senza carburante. «Non escludo che lui possa aver pensato a togliersi la vita - dice Bruzzone - Questo, però, accade quando c’è una componente più esplicita di narcisismo. Più passa il tempo e più una personalità come quella di Turetta si riorganizza. Dal suo punto di vista, sopravvalutando le proprie qualità, probabilmente ha pensato di avere una chance fuggendo e rendendosi irreperibile. Per questo non ha seguito le sorti di Giulia perché, evidentemente, la ferocia che aveva nei confronti di questa ragazza era alimentata dal desiderio di annientarla per quanto lui si sentisse inadeguato. Non c’era poi la dimensione abbandonica e per questo non si è ucciso».

Con Giulia Cecchettin sono oltre 100 le donne uccise per mano di un uomo nel 2023. Un fenomeno che allarma ogni giorno di più e che va combattuto imparando a riconoscere innanzitutto i segnali di un rapporto «malato» e «pericoloso». «Bisogna imparare a leggere nella giusta direzione i segnali - spiega Bruzzone - Questa modalità invasiva di partecipare alla vita dell’altra e non permettere neanche di andare in bagno senza di noi, è una modalità passiva-aggressiva che viene spacciata per interesse, affetto, attenzione. In realtà è un assedio. Il problema è che molte ragazze ancora oggi vengono abituate a credere che questo tipo di modalità invasiva sia un segnale di interesse. In realtà è controllo, è violenza. Subdola ma è violenza».

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