Giulia Cecchettin, per la Procura Turetta l'ha "gettata agonizzante nel dirupo"
Sarà l’autopsia a stabilire in quale frangente è morta Giulia Cecchettin. Sul cadavere della giovane studentessa di Vigonovo ritrovato quest’oggi nella zona di Piancavallo in provincia di Pordenone a circa 1.000 metri di altitudine in fondo ad un dirupo a cinquanta metri dalla sede stradale, sono presenti ferite da arma da taglio al collo e alla testa. Ci sono anche lesioni sulle braccia e sulle mani a significare che Giulia ha cercato di difendersi dal suo omicida. Ricercato per il delitto è l’ex fidanzato Filippo Turetta, studente di ingegneria di Torreglia, del quale non si hanno più notizie da sabato scorso. Le ultime immagini dei due studenti risalgono alle ore 23,30 circa proprio di sabato 11 quando le telecamere di videosorveglianza dello stabilimento ’Dior’ di Fossò in provincia di Venezia avevano ripreso la violenta aggressione di Filippo nei confronti di Giulia.
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Come hanno descritto gli inquirenti, la ragazza è stata prima colpita a calci mentre era a terra e poi nuovamente ferita con colpi che hanno «provocato copiosi sanguinamenti e, apparentemente esanime, caricata da Turetta nella propria auto». Sarà gli esami a stabilire le circostanze della morte di Giulia. Tra le ipotesi, riporta l'agenzia Agi, quella del decesso al momento dell’aggressione, caricata in auto e poi accoltellata e gettata nel dirupo, oppure che l’omicida abbia ucciso la giovane donne tra le montagne di Piancavallo non distante dal lago di Barcis nella notte di domenica scorsa.
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Secondo quando ricostruito dalla Procura della Repubblica di Venezia - sulla base degli accertamenti espletati dai carabinieri (oggi i Ris di Parma hanno lavorato fino alle ore 21 circa sul luogo del ritrovamento del cadavere di Giulia) «Filippo Turetta si sarebbe sbarazzato del corpo agonizzante della ex fidanzata gettandolo nel dirupo», scrive l'Agi. Le telecamere hanno inchiodato Turetta anche in Austria, in Carinzia, nei pressi di Villach e Lienz. Avvistamenti che risalgono a domenica. La famiglia di Filippo, il procuratore capo di Venezia, Bruno Cherchi, e il parroco di Torreglia, Don Franco Marin, hanno lanciato l’appello al giovane di costituirsi alle forze dell’ordine e raccontare quanto accaduto.