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Indi Gregory, tutto rinviato. Il papà della piccola: "Il sogno è portarla in Italia"

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Il cuore di Indi batte ancora. Nonostante i giudici britannici avessero fissato prima alle 15 e poi alle 17 di stasera (ora italiana) il termine per staccare i supporti che tengono in vita la neonata, tutto è stato nuovamente rinviato in extremis. Come spiega Dean Gregory, padre della piccola cui il governo Meloni ha concesso la cittadinanza per permetterle di venire al Bambin Gesù di Roma, lo stop alle macchine slitterà quantomeno fino a domani alle 12, dopo che la Corte d’Appello si sarà pronunciata in merito al ricorso urgente ai sensi della Convenzione dell’Aja. Questa mattina, infatti, il console italiano a Manchester aveva presentato il ricorso contro la decisione dei giudici britannici che hanno stabilito, contrariamente alla volontà dei suoi genitori, che il supporto vitale di Indi debba essere rimosso al Queen’s Medical Center di Nottingham, dove la bambina è ricoverata o in un hospice. In ogni caso non nella sua casa di Ilkeston. Ma il papà non ha nessuna intenzione di arrendersi.

 

«Non possono toccarla fino a dopo l’udienza» e che la pronuncia della Corte d’Appello «è attesa domani per le 12». Fiducioso anche Simone Pillon, legale della famiglia in Italia, che commenta: «La speranza divampa». Indi «non merita di morire, è ancora una bambina che respira e le batte il cuore», il commento angosciato del padre della piccola a LaPresse, «il nostro sogno è quello di portarla in Italia». La speranza di papà Dean e mamma Claire - che non hanno mai smesso di combattere per la piccola - è quella di poterla portare prima a casa e poi - a loro spese - a Roma. In quella stanza del Bambin Gesù pronta per lei ma ancora vuota.

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