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Zerocalcare, cultura e arte creano ponti: il vignettista ha perso un'occasione

Gianluigi Paragone
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Non sono un fanatico dei fumetti per quanto ne senta sempre il richiamo del tempo in cui fino all’università, se non ero sotto esame, occupavo la tratta in treno leggendo Dylan Dog, Martin Mystère, Dampyr, Julia, qualche Nathan Never. Venivo dalla lunga palestra del Topolino, del Giornalino (noi che andavamo in parrocchia...), le strisce dello sregolato Andy Capp e di quel Jacovitti insofferente agli spazi vuoti. Andai a Lucca Comics quando erano davvero agli inizi e, appunto, chi aveva preso i primissimi numeri del Dylan si dava appuntamento lì. Poi basta, perché a Lucca sono diventati meritatamente grandi e nelle grandi fiere mi perdo. Tuttavia quel festival mi attira, come mi attira il mondo fantastico; e mi spiace che Zerocalcare abbia deciso di disertarlo dando il via - così facendo - a una "svestizione" del Lucca Comics, da grande gioco dove tutto è possibile a piccola palestra delle nostre vanità. Ne avremmo fatto a meno.

 

 

Non mi piace ridurre il fumetto a ciò che restituisce innocenza (anche le canzoni o i romanzi lo fanno); mi piace sempre leggerlo per quello che è: lo spazio dove disegno e testo si riducono all’essenziale lasciando il lettore libero di andare oltre lo spazio delle tavole. Nei fumetti c’è tutto, come c’è tutto nella musica, nell’arte, nella letteratura. C’è quel tutto che consente alla cultura (il fumetto è arte, è veicolo culturale) di andare “oltre”, specie nei momenti in cui l’uomo si chiude nei suoi stessi limiti. È la lezione di quella Storia Infinita che da piccoli ci commosse e ci mosse: perché Fantasia muore? Perché la gente ha rinunciato a sperare e dimentica i propri sogni, così il Nulla dilaga. E il Nulla è la disperazione che distrugge il mondo.

 

 

Zerocalcare ha deciso che il patrocinio d’Israele (dato diversi mesi fa perché due autori israeliani hanno disegnato il fumetto) fosse un ostacolo, fosse il bordo della sua storia umana. Si dice sempre che la cultura crea ponti, che è capace di miracoli che agli altri non riescono, invece anche stavolta si vola basso. Zerocalcare avrebbe potuto realizzare a Lucca Comics, lo Stato di Palestina; avrebbe potuto farlo vivere come visione (non come parodia!), farlo parlare, dargli vita, come solo gli artisti sono capaci di fare. Sono certo che tra qualche tempo Zerocalcare darebbe il suo più bel disegno pur di tornare a oggi e poter dare dignità ai civili brutalizzati da tutti. Peccato, signor Michele.

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