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Trento, bufera sull'università: studiate le “gerarchie di genere” e “sessuali” di FdI e Lega

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Il titolo della ricerca è in inglese: «GeNoMa, Gender Norms, Masculinities and Violence aganist Women», ovvero «GeNoMa, Norme di genere, Mascolinità e violenza contro le donne». Parrebbe uno dei tanti studi su questi temi. A promuoverlo è l’Università di Trento, che pagherà 21.694 euro al vincitore dell’assegno di ricerca. In realtà, l’obiettivo del progetto non è affatto vago. Ad essere oggetto di studio saranno Giorgia Meloni, Matteo Salvini e i loro due partiti. Il bando pubblicato dall’ateneo è molto preciso: «Il progetto mura a studiare i discorsi e le politiche dei due partiti di destra radicale italiani di Fratelli d’Italia e Lega al fine di identificare quali immagini e gerarchie di genere e sessuali siano prevalenti nella loro ideologia politica». Proprio così, dovranno essere passate minuziosamente al vaglio le «gerarchie di genere» e «sessuali» dei due partiti di maggioranza. Singolare è il fatto che si dia per scontata l’esistenza di una scala gerarchica in tema di genere applicata alle due forze politiche in questione. Occorre sottolineare anche la scelta di definirla «destra radicale». Quando nel lessico politico la parola «radicale» viene generalmente tradotta come «estrema».

 

 

Il bando prosegue così: «Si studieranno le posizioni relative al campo della famiglia e delle relazioni sociali e quello dell’immigrazione per evidenziare se Lega e FdI condividano le stesse posizioni o meno». Poi si passa alle figure di premier e vicepremier: «Si studieranno anche le due leadership di Matteo Salvini e Giorgia Meloni per analizzare le modalità attraverso cui viene veicolata la loro immagine di leader e verificare se vi sono differenze nelle loro capacità di leadership di partito». La durata del contratto sarà di un anno. Il ricercatore vincitore del bando dovrà mettersi al lavoro a partire dal primo marzo 2024. Uno dei requisiti essenziali per poter scandagliare i discorsi di Meloni e Salvini è il possesso della laurea magistrale in Sociologia e Ricerca Sociale o di quella in Scienze politiche. Meglio se si hanno all’attivo anche pubblicazioni che attestino «specifiche competenze metodologiche» in questo campo.

 

 

A sollevare il caso è stato il capogruppo consiliare provinciale di FdI Claudio Cia che, sentito del Corriere del Trentino, ha chiesto spiegazioni: «È davvero possibile che vengano investiti finanziamenti per un progetto di questo tipo? Vale la pena spendere denaro pubblico al fine di produrre una ricerca accademica sui discorsi e sull’ideologia politica di Meloni e Salvini? Chiedo un aiuto per comprendere quale sia la profonda rilevanza che un progetto di ricerca di questo tipo potrebbe comportare». A replicargli è stata la professoressa responsabile dell’assegno di ricerca Alessia Donà: «Il progetto ha partecipato a un bando chiamato Prin (Progetti di rilevante interesse nazionale) ed è stato selezionato dal ministero dell’Università e della Ricerca attraverso delle commissioni di valutazione nominate per la loro competenza sui temi». Motivo per cui, il comitato che ha giudicato i progetti in gara «avrebbe potuto fermarlo senza problemi». Quindi, non sarà l’università di Trento a dover pagare di tasca propria gli oltre 26mila euro. I soldi arrivano dall’Europa, tramite il Pnrr. Il Ministero a sua volta li gira all’ateneo che paga l’assegno di ricerca. Non a caso, il consigliere Cia chiede al ministro Anna Maria Bernini se sia davvero il caso di organizzare progetti di ricerca di questo tipo.

 

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