Natale, l'Istituto Fiesole insiste nel cancellare le tradizioni: via la festa
L'arroganza di chi crede di poter disporre delle nostre tradizioni a proprio piacimento. La ferma volontà di andare avanti, ad ogni costo, in nome del folle mito del politicamente corretto. Lascia sgomenti l'intervista rilasciata al quotidiano La Nazione da parte di Costanza Hermanin, membro della commissione interna dell'Istituto Universitario Europeo di Fiesole, balzato agli onori delle cronache per la folle idea di cambiare nome al Natale. Una scelta che era stata fortemente criticata da tutto il centrodestra, da Tajani a Salvini, da Marcheschi a Gasparri. L'accademica non solo non smentisce, ma addirittura rilancia la proposta. «Verrà prestata attenzione a garantire che la celebrazione delle festività e degli eventi siano comunicate con un linguaggio inclusivo, riconoscendo le diverse religioni e credenze. Nel caso della festa che ha scatenato tante polemiche, manterremo i canti di Natale, l'albero e il mercatino, pur adattandola a ciò che fanno tutte le grandi realtà internazionali almeno nel nome. Le parole danno corpo alla realtà, sono importanti. Se predichiamo inclusione e tolleranza dobbiamo metterla in pratica, a partire dalle parole».
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Concetti fin troppo espliciti, quelli espressi da Costanza Hermanin. Che, nel 2019, scese in campo alle elezioni per il rinnovo del Parlamento del Vecchio Continente con +Europa, il partito guidato da Emma Bonino. La quarantaduenne spiegò la sua scelta, con valutazioni senz'altro utili per capire l'acredine dimostrata di fronte alle consuetudini del nostro Paese. «Dalle città dobbiamo partire per sconfiggere il nazionalismo degli Stati che minacciano il progetto europeo, il progetto che ha avuto il più grande successo di sempre nel garantirci pace, crescita economica e culturale, possibilità di lavoro e di studio. C'è un altro modo per far sentire il nostro peso politico in Europa, per rafforzare l'Italia tramite l'Europa. Lavoro, ambiente, parità, diritti saranno i temi al centro della mia campagna. Perché soltanto rafforzando, non restringendo, le competenze dell'Europa possiamo creare più lavoro, crescita e garantire in tutti gli Stati la stessa protezione sociale».
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