Lavoro, i posti ci sono manca la voglia: impiego per 1 milione di disoccupati
Mistero occupazione. O meglio, non è più un mistero che sul fronte del lavoro continuino ad arrivare risposte positive in termini di aumento dell’occupazione e, contestualmente, di calo della disoccupazione, mai così bassa da quattordici anni a oggi. Proprio sull’occupazione la Cgia di Mestre analizza, però, un dato interessante e singolare: «se i disoccupati in Italia sono poco meno di due milioni, di cui 800 mila circa in età compresa tra i 15 e i 34 anni, sono circa un milione i posti che le imprese non riescono a trovare». Così il suo Ufficio studi, che richiama un dato evidenziato dal ministro del Lavoro Marina Calderone e sottolinea come comunque «nel nostro Paese da sempre la domanda e l’offerta faticano a incrociarsi». Un fenomeno che si origina evidentemente dalla formazione, incentrata anche sulla valorizzazione degli istituti tecnici promossa dal governo e tenuta in debito conto anche in termini di risorse del Pnrr. «Chi è alla ricerca di un’occupazione - prosegue la Cgia - spesso presenta un deficit educativo ed esperienziale notevole rispetto alle abilità professionali richieste dalle attività economiche». Dunque «tante famiglie continuano a rimanere in condizioni di fragilità economica e altrettante imprese, non potendo incrementare l’attività produttiva, non possono crescere e creare nuova ricchezza da distribuire».
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Sulla base dell’indagine periodica Excelsior condotta da Unioncamere-Anpal, la Cgia ha elencato le prime 50 figure professionali di difficile reperimento. Sono tra le più diverse. Praticamente «introvabili» saldatori, medici di medicina generale, ingegneri elettronici e nelle telecomunicazioni, intonacatori e dirigenti d’azienda (di istituti scolastici privati e di strutture sanitarie private). E ancora meccanici collaudatori, infermieri e ostetriche, tecnici elettronici, tappezzieri e materassai, operai. Necessario, quindi, valorizzare i lavori manuali e, come detto anche dal ministro del Lavoro, superare distinzioni tra scuole di serie «a» e «b». Sono numeri che, ad ogni modo, ci portano a fare una constatazione. Rispetto alle polemiche sul reddito di cittadinanza, questi dati parlano chiaro: il lavoro, per molte figure professionali, c’è. Manca forse la «scintilla» dell’incontro tra domanda e offerta rappresentata dalla carenza di informazioni? È forse questione di (poca) buona volontà? Senza dubbio. I fattori saranno anche diversi, ma «portano» tutti agli stessi numeri.
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Bolzano è la provincia in cima alla classifica per difficoltà di reperimento di lavoratori (52,5%). Oltre alle criticità emerse nel Nordest, c’è il capitolo Sud dove, sebbene il livello di disoccupazione si aggiri in media sul 15%, un nuovo posto di lavoro su 3 rischia di non essere coperto. Scorrendo la classifica, al centro si rilevano punte elevate a Chieti e L’Aquila con il 43,6%, scendendo si arriva a Caltanissetta con il 40,5%, Cagliari con il 39,2, Brindisi e Sassari con il 39, Siracusa con il 38,8, Isernia, Matera e Pescara con il 38,5, Benevento con il 38,1. L’incidenza percentuale delle difficoltà di reperimento, dal 2017 a oggi, è più che raddoppiata. Sei anni fa solo il 21,5% degli imprenditori intervistati dichiarava di faticare a reperire personale, nel mese scorso la percentuale è salita al 47,6%. E rispetto agli anni che verranno bisognerà tener conto, come evidenziato anche dalla Cgia, di fattori quali il calo della natalità e l’innalzamento dell’età media, che vedrà gli imprenditori impegnati a sostituire lavoratori destinati al pensionamento.
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