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Migranti, anche il Tribunale di Firenze va allo scontro con il governo sulle espulsioni

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Il Tribunale di Firenze ha annullato l’espulsione di un migrante tunisino a cui il Viminale aveva negato lo status di rifugiato, perché la Tunisia non può essere considerato un «Paese sicuro». Dopo il Tribunale di Catania, anche i giudici del capoluogo toscano disapplicano il decreto approvato dal governo dopo la strage dei migranti di Cutro. La vicenda fiorentina nasce da un provvedimento della commissione prefettizia che aveva negato a un tunisino la protezione internazionale richiesta dopo l’approdo in Italia. Considerando la Tunisia un «Paese sicuro», il Viminale può, infatti, rifiutare la domanda di asilo senza una specifica motivazione ed espellere il migrante con «procedura accelerata», senza attendere la pronuncia definitiva della Cassazione.

 

 

Secondo il Tribunale di Firenze (sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea), la Tunisia non può essere considerata un Paese sicuro e pertanto è stato accolto il ricorso del richiedente asilo contro il Viminale e sospesa l’espulsione. Il migrante tunisino non si era dichiarato vittima di particolari persecuzioni, ma aveva posto, tramite il suo legale, una questione generale: «La grave crisi socioeconomica, sanitaria, idrica e alimentare, nonché l’involuzione autoritaria e la crisi politica in atto sono tali da rendere obsoleta la valutazione di sicurezza compiuta a marzo dal governo italiano».

 

 

Secondo il Tribunale, che nella sentenza cita organismi e media internazionali (da Amnesty International al New York Times) la valutazione della Tunisia come Paese sicuro non è valida alla luce dei «recentissimi e gravi sviluppi». Il Tribunale ritiene che sia compito dei giudici sindacare le valutazioni del governo perché «il sacrificio dei diritti dei richiedenti asilo non esonera il giudice dal generale obiettivo di verifica e motivazione in ordine ai profili di sicurezza del Paese». Un nuovo round nello scontro tra l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni e la magistratura.

 

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