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“La nuova cannabis causa psicosi”. Allarme per i giovani: non è più una droga leggera

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Francesca Mariani
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«Non è corretto considerare la cannabis come una droga leggera e non si devono sottovalutare le conseguenze per chi la consuma, soprattutto se si tratta di giovani». Il monito arriva dallo psichiatra e psicoterapeuta Alessandro Vento, dirigente dell’Asl Roma 2 e massimo esperto sui danni psichici causati dalle droghe e dalle dipendenze in generale. Nell’ambito della campagna di prevenzione «Effetti delle Cannabis» rivolta agli studenti e promossa dall’Ordine dei medici di Roma e Provincia e dall’Associazione Osservatorio sulle Dipendenze guidata dallo stesso Vento, sono ricominciati gli incontri nelle scuole delle città per informare gli studenti riguardo ai rischi connessi al consumo di stupefacenti, a partire dalle «canne». Gli appuntamenti all’interno degli istituti sono stati organizzati in collaborazione con la Fondazione Don Luigi Di Liegro, attiva da 20 anni sul territorio per assistere le persone con disagio psichico e da sempre attenta a supportare i giovani e le loro famiglie. Il progetto è supportato inoltre dalla Fondazione Roma e vede coinvolte diverse scuole romane di primo e secondo grado (Bramante, Visconti, Newton, Kennedy, Chateauxbriand) e alcuni circoli sportivi (Tennis Club Parioli, Circolo Canottieri Aniene e Acquaniene). Il programma prevede anche degli incontri separati rivolti ai genitori e agli insegnanti.

 

 

«Negli ultimi anni - spiega Alessandro Vento, responsabile scientifico e operativo del progetto nelle scuole - nella cannabis che viene venduta illegalmente per le strade si rileva una concentrazione dei cannabinoidi, THC e non solo, molto più alta rispetto al passato. Esiste un tipo di cannabis che va considerata come una vera e propria droga "pesante". Se la media di THC contenuto nella cannabis venduta tra la fine degli Anni Settanta e l’inizio degli Anni Ottanta era di 3-5% in peso, ora siamo arrivati al 20-25%. È come dire che il vino invece di avere una gradazione alcolica di 13, inizia ad averne cinque volte tanto. Questo determina nei ragazzi che fumano le "nuove" canne l’insorgenza di quadri come depressione, sindrome a-motivazionale, ansia, attacchi di panico, aumento del tasso di suicidi, oltre ai sintomi cognitivi come il calo del 10% di attenzione, memoria, apprendimento, capacità di calcolo. Inol tre si registra l’insorgenza di psicosi indotta dalla cannabis, con sintomi simili alla schizofrenia. Basti pensare che attualmente un paziente su quattro ricoverato nei reparti ospedalieri psichiatrici - parlando dei nuovi casi ha un esordio di grave malattia mentale causato proprio dal consumo delle canne». Tanto più è precoce l’esposizione ai cannabinoidi in età giovanile, maggiore sarà il danno celebrale. E i ragazzi rappresentano proprio la fascia più esposta, visto che mediamente si inizia a fumare a 13-14 anni.

 

 

Nell’ultimo anno in Europa, si stima che 18,7 milioni di persone di età compresa fra i 15 e i 34 anni abbiano fatto uso di sostanze stupefacenti. Secondo i dati provenienti dallo studio ESPAD, il 18% dei ragazzi europei interpellati nel sondaggio ha fatto uso, almeno una volta nella vita, di sostanze illecite. Per quanto riguarda l’Italia, il 28% degli studenti ha ammesso di aver consumato delle sostanze illecite, con il 27% riferito all’uso di cannabis, il 6% alle NPS, il 3% a ecstasy, cocaina, crack, LSD/allucinogeni e inalanti, il 2% invece ha consumato amfetamina, metanfetamina ed eroina e l’1% ha fatto uso di GHB. Dal report emerge inoltre che il 58% degli studenti ha fumato sigarette almeno una volta nella vita. Inoltre il Anni L’età media in cui i giovani iniziano a fumare le «canne». Per loro è maggiore il rischio di danno celebrale 45% di adolescenti italiani ha fatto uso di alcol all’età di 13 anni o prima. Sulla base di questi preoccupanti dati Vento e i suoi collaboratori stanno coinvolgendo gli studenti nella campagna di prevenzione avviata nelle scuole a partire dal 2016. Dopo una prima chiacchierata informale nelle classi, i ragazzi decidono spontaneamente di curare dei laboratori per approfondire una specifica dipendenza: dal tabacco alla cannabis, fino all’utilizzo dei dispositivi elettronici (videogiochi e smartphone). Alla fine dell’anno saranno poi loro a raccontare ai compagni di classe cosa hanno imparato e approfondito nei diversi laboratori, disegnando ad esempio dei fumetti o girando dei cortometraggi. «Utilizziamo la peer education - spiega Vento - ovvero la metodologia secondo cui un gruppetto di studenti che sono considerati più credibili agli occhi dell’intero gruppo ci aiutano a trasferire loro delle informazioni». «A noi spetta il compito di spiegare i meccanismi celebrali che portano all’uso delle sostanze, cosa succede nel breve e nel lungo termine al nostro cervello, e quali possono essere le strategie più funzionali per evitare situazioni critiche e rischiose» aggiunge la psicologa Silvia Quaranta, coordinatrice del progetto e project manager della Fondazione Di Liegro. «Aiutiamo i ragazzi a capire come si può dire "no" al compagno di classe che ci propone di provare una sostanza pericolosa».

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