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Mario Draghi nell'Ue per guidarla. Paragone: cosa c'è dietro il suo ritorno

Gianluigi Paragone
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Rieccolo. Lui è Mario Draghi e dell’Europa aveva già guidato l’unico vero «governo» che conta, ovvero la Bce. L’allora presidente Sarkozy nella recente biografia scrive che la scelta cadde su Supermario per la formazione in Goldman Sachs: queste cose contano. Eccome se contano. Anche adesso che la presidente della Commissione in scandenza, Ursula Von Der Leyen lo nomina in qualità di «una delle menti economiche più grandi d’Europa» come esperto per un report sul futuro della competitività europea.

 

Draghi arriva proprio mentre colei che lo ha succeduto a Francoforte (Lagarde) viene ringraziata da Lady Ursula: «Christine Lagarde e la Bce stanno lavorando duramente per tenere l’inflazione sotto controllo». Pertanto non si capisce bene come la competitività possa crescere quando ogni fattore che dipende dall’Europa diventa un ostacolo: inflazione, caro energia, rincaro materie prime, egemonia della finanza (a che titolo la Bce invoca lo stop della tassa sugli extraprofitti?). Per non dire dei guai che comportano le transizioni assai care a Bruxelles, da quella agricola a quella green. «L’agricoltura e la protezione del mondo naturale possano andare di pari passo. Abbiamo bisogno di entrambe», rilancia: peccato che l’accordo di programma sulla sostenibilità agroalimentare lo aveva presentato con Bill Gates, il quale ha puntatole sue fiches di grande latifondista privato proprio sul cibo sintetico, cioè l’opposto di quel che Madre Natura scandisce. Quanto alla rivoluzione energetica abbinata alla ecosostenibilità, la Von Der Leyen si accorge a scadenza di mandato dello strapotere dei cinesi nel mercato delle batterie e quindi nel nuovo paradigma industriale legato all’automotive.

 

Insomma, per fare il report sulla competitività dell’Europa non serviva Mario Draghi, il banchiere centrale, l’uomo di Goldman Sachs, bastava un notaio che verbalizzasse gli errori in serie commessi dalla Commissione in questi quasi cinque anni. Tuttavia non è di errori che bisogna parlare, quanto di scelte precise: la trazione di Bruxelles è appannaggio di finanza e multinazionali nei settori che oggi contano, settori condizionati da grandi investimenti lobbistici. I cittadini? Non contano nulla. In Europa tutti sanno che Ursula sta tessendo per il suo personale bis e forse per questo ha coinvolto SuperMario nella speranza di larghe euro-intese. Ma se invece fosse proprio lui, l’ex banchiere centrale, a giocarsi la partita di superCommissario? Magari puntando su una riforma di quei trattati che blindano la crescita e dei quali egli ha parlato in un articolo sull’Economist a differenza del silenzio scelto dalla Commissaria in scadenza...

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