Maurizio Landini, che figura in tv sul portavoce licenziato col Jobs Act
Scena muta. Il segretario della Cgil Maurizio Landini - intercettato dai microfoni di Quarta Repubblica - ha scelto di non rispondere alle domande dell’inviata del programma di Rete 4 in merito al licenziamento di Massimo Gibelli, storico portavoce dei leader del sindacato. Come si vede nella scena andata in onda lunedì 11 settembre la giornalista Giorgia Mennuni gli ha domandato se fosse a conoscenza del licenziamento di Massimo Gibelli attraverso la formula del Jobs Act, da sempre fortemente contestato dal sindacato. E lui? Faccia tesa e un ostinato silenzio. "Segretario, a quanto ci risulta il 4 luglio la Cgil ha licenziato lo storico portavoce del sindacato, Massimo Gibelli. Ne è a conoscenza?". Landini affretta il passo, non risponde. "Segretario, è stato licenziato con una formula che si ritrova proprio nel Jobs Act, quello che la Cgil vuole eliminare. E lo utilizzate per licenziare i vostri dipendenti?". Neanche una sillaba.
L’intervista di @giorgiamennuni a Maurizio #Landini dopo il licenziamento del portavoce storico della Cgl Massimo Gibelli.
— Quarta Repubblica (@QRepubblica) September 12, 2023
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Già nel 2021 la Cgil aveva cancellato, attraverso una direttiva, la figura del portavoce. Massimo Gibelli era comunque rimasto dipendente della Camera del Lavoro, pur senza un ruolo formale, fino al 4 luglio scorso quando ha ricevuto una lettera di licenziamento. "Voglio dire una cosa molto semplice: la Cgil ha proceduto ad una sua riorganizzazione interna e la scelta che è stata fatta è quella di non avere più la figura del portavoce. Nella riorganizzazione questo è un lusso che non possiamo più permetterci. Non a caso io non ho più nessun portavoce, quindi abbiamo semplicemente fatto una riorganizzazione che va in questa direzione, né più né meno", ha poi commentato Landini. "Noi abbiamo previsto una riorganizzazione che ha previsto che la figura del portavoce non esista più - ribadisce -. Accanto a me di altri portavoce non ne vedete, perché è un lusso che non possiamo permetterci. Siamo un’organizzazione che vive sul contributo economico degli iscritti e dobbiamo avere attenzione su come spendiamo i nostri soldi. Non c’è altra operazione che questa".
Cgil critica il Jobs Act e poi lo sfrutta per licenziare gli indesiderati