tre mesi dalla scomparsa

Kataleya Alvarez, tre mesi di vane ricerche. E restano solo due piste sul tavolo

Christian Campigli

Tre mesi fa una bambina innocente e sorridente veniva inghiottita nel buio. Era il 10 giugno, l'estate stentava a decollare. Le temperature erano decisamente più basse delle medie. Ma non era un sabato come tanti. Nel primo pomeriggio la piccola Kata, una bimba peruviana di cinque anni, scomparve nel nulla. In pochi giorni si scatenò il circo mediatico. Televisioni di ogni angolo d'Italia arrivarono a Firenze. E si posizionarono di fronte all’ex hotel Astor, la struttura occupata abusivamente nella quale Kata viveva con la propria famiglia. E altre centoquaranta persone. Nel corso delle indagini non tutto è andato per il verso giusto, impossibile negarlo. Ad oggi, finalmente, sono due le piste che vengono considerate attendibili dagli inquirenti. 

 

 

La prima, la più tragica, quella che nessuno ha il coraggio nemmeno di sussurrare. Ovvero che durante il rapimento della bimba sia successo qualcosa di irreparabile. E la vita di un angelo di cinque anni si sia interrotta. Per sempre. La procura del capoluogo toscano, da alcune settimane, sta però battendo l'ipotesi secondo la quale Kata è viva ed è stata portata in Perù. Una tesi raccontata, per la prima volta ed in esclusiva dal nostro giornale, già a luglio. I documenti per la rogatoria internazionale, che consentirà di interrogare in Sudamerica tredici persone, sono quasi pronti. Certo, è strano che, a novanta giorni da quel tragico 10 giugno, non sia ancora arrivate richieste di denaro. 

 

 

Secondo la procura, al centro del rapimento potrebbero esserci gli “affari”  dello zio. Che sarebbe coinvolto non solo nell'assegnazione delle stanze nelle strutture occupate abusivamente, ma anche in un traffico internazionale di esseri umani. Uomini e donne peruviani che giungerebbero nel nostro Paese grazie all'escamotage dell'articolo 31 (il cosiddetto ricongiungimento familiare). Tra mille dubbi, un'unica certezza: a Firenze ci sono un padre ed una madre che, da novanta giorni, hanno smesso di respirare. In attesa di poter rivedere la loro piccola Kata.