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Brandizzo, indagati il tecnico Rfi e il capo cantiere: nulla osta mai richiesto

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La Procura di Ivrea ha iscritto sul registro degli indagati per la strage ferroviaria di Brandizzo Antonio Massa, il tecnico della manutenzione dipendente di Rete Ferroviaria Italiana che era presente sul posto la notte dell'incidente e supervisionava ai lavori di armamento sui binari affidati alla squadra di operai in servizio per la Sigifer di Borgo Vercelli e morti travolti dal treno, e il capo cantiere della ditta esterna appaltatrice Andrea Girardin Gibin. Sono accusati di disastro ferroviario con dolo eventuale e omicidio plurimo colposo per la morte di Kevin Laganà, Michael Zanera, Giuseppe Sorvillo, Giuseppe Aversa e Giuseppe Saverio.

 

 

Ciò che per la Procuratrice della Repubblica Gabriella Viglione e le pm Valentina Bossi e Giulia Nicodemi è certo al termine della seconda giornata d'inchiesta è che il nulla osta a svolgere la manutenzione sul binario 1 non era ancora stato richiesto alla Centrale Operativa competente che comanda il traffico ferroviario, oppure era in fase di richiesta telefonica, mentre già i 5 operai travolti dal convoglio posto sotto sequestro si trovavano sul binario 1 per i lavori di sostituzione di un tratto di ferrovia. Una circostanza "che fa rabbrividire" per le modalità con cui "si è verificata" spiega una fonte in Procura. Ora gli inquirenti vogliono appurare se sia trattato di una condotta occasionale nonostante la presenza di due persone deputate proprio a quel ruolo sulla scena della tragedia avvenuta la notte fra il 30 e 31 agosto nei pressi della stazione del Torinese oppure di una prassi, una ricorrenza. L'ipotesi del dolo, parziale per il momento, è la pista battuta alla luce degli accertamenti che hanno evidenziato "gravi violazioni della procedura di sicurezza" ha spiegato Viglione.

 

 

Sulla carta le procedure di sicurezza di RFI, anche in presenza di ditte esterne, non sono permeabili a errori perché prevedono doppi e tripli passaggi autorizzativi. Nelle ultime ore tuttavia sei sindacati - fra cui tutti i confederali - hanno puntato il dito contro "sollecitazioni e forzature" che sarebbero avvenute sempre più di frequente "da parte di responsabili aziendali nei confronti dei lavoratori, per affrettarsi a svolgere attività notturne" e "pressioni nei confronti dei lavoratori, per dare la propria disponibilità al di fuori dal proprio nucleo manutentivo in attività notturne", scrivono in un duro comunicato congiunto. Le procedure standard avrebbero addirittura accorgimenti come il taglio delle linee elettriche durante le manutenzioni, sistemi SCMT (Controllo Marcia Treno) che in caso di interruzione sulla linea attivano meccanismi di frenatura automatica delle macchine. Le comunicazioni ufficiali vengono di norma consegnate fisicamente in formato cartaceo, timbrate e con firma, oppure telefonicamente ma con un modulo dove si registra chi riceve la chiamata, con chi ha parlato, da che ora a che ora, in quale tratto è prevista l'interruzione.

 

 

Sono anche questi, al termine delle prime 48 ore d'indagine, gli elementi su cui polizia ferroviaria e pubblici ministeri hanno deciso di concentrarsi nei prossimi giorni. Mentre da quanto si apprende, allo stato attuale dell'inchiesta, è "prematura" una riflessione sull'applicazione della legge 231 del 2001 sulla responsabilità amministrativa degli enti, in relazione ai presunti reati commessi da manager o dipendenti delle società coinvolte che verrebbero perseguite se gli illeciti fossero stati commessi nel proprio "interesse" o "vantaggio". Venerdì intanto sono stati sentiti i due macchinisti che erano a bordo del treno, già ascoltati rapidamente nell'immediato dopo l'incidente. È "pacifico" - sostengono i magistrati - che non sapessero nulla della presenza delle 5 vittime sul binario.

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