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Castrazione chimica, tredici Paesi europei l'hanno già adottata

Alessio Buzzelli
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La castrazione chimica, tornata al centro della discussione politica italiana dopo il terribile stupro di gruppo andato in scena a Palermo, è attualmente prevista dalle legislazioni di ben 13 Paesi europei e di 8 Stati degli USA, cui bisogna aggiungere altre nazioni democratiche come Argentina, Australia, Nuova Zelanda e Israele.

Prima di analizzare le differenze che ci sono tra i diversi Stati che hanno deciso di inserire questo tipo di pratica nei propri ordinamenti giuridici per punire i reati sessuali, è necessario sgomberare da subito il campo da un equivoco che molto spesso genera confusione quando si parla di questo tema. Molti credono, a torto, che la così detta castrazione chimica sia un tipo di intervento fisico o chirurgico, ma, salvo alcune rarissime eccezioni, non è così; è, invece, una terapia farmacologica attraverso cui vengono ridotti, grazie alla somministrazione di alcune sostanze, gli ormoni sessuali e, di conseguenza, anche la libido, le pulsioni sessuali e la funzionalità del soggetto che subisce il trattamento.

Inoltre, è, al contrario di un intervento chirurgico, una terapia per lo più reversibile, che dovrebbe cessare di agire nel momento in cui viene sospesa la somministrazione dei farmaci, anche se su questo aspetto la comunità scientifica non è unanimemente d’accordo. Altra caratteristica fondamentale che contraddistingue la castrazione chimica, almeno tra i confini europei, è quella che riguarda la volontarietà del trattamento: nei 13 Paesi europei in cui è prevista – Germania, Svezia, Finlandia, Francia, Regno Unito, Belgio, Polonia, Norvegia, Lituania, Ungheria, Estonia, Islanda – l’adesione avviene, in generale, sempre per via volontaria e informata e mai obbligatoria, sebbene con alcune differenze. Nella maggior parte dei casi, infatti, il condannato può scegliere se fare ricorso alla terapia oppure no in base alle diverse norme in vigore, salvo nel caso della Polonia, dove invece questa pratica risulta essere obbligatoria nei casi in cui lo stupro riguardi un minore o un parente stretto. Ma anche tra gli Stati in cui vige il principio di volontarietà ci possono essere delle differenze sostanziali, specie per ciò che riguarda le limitazioni normative previste dai vari codici. Ad esempio, in Svezia, Finlandia e Germania la castrazione chimica, pur essendo opzionale, è sempre vietata al di sotto una certa soglia d’età, che varia dai 20 ai 25 anni, a seconda della legislazione del Paese.

 

E sempre in Germania, così come in Danimarca e Norvegia, ci sono limitazioni anche per ciò che riguarda il profilo psicologico del condannato che voglia ricorrere alla terapia farmacologica: per ricevere l’autorizzazione è infatti necessaria una perizia specialistica che attesti come il soggetto sia vittima di impulsi incontrollabili che lo possano portare in futuro a commettere di nuovo reati a sfondo sessuale. In Belgio, invece, la castrazione chimica, pur non essendo formalmente prevista dalla legge, può essere offerta al condannato direttamente dal giudice in cambio della libertà condizionale, ma sempre ed esclusivamente su base volontaria e dopo che il soggetto sia stato informato dei possibili rischi per la propria salute. Ci sono poi Paesi come la Finlandia in cui questa pratica non viene strettamente intesa come una pena da infliggere al condannato, quanto piuttosto come una terapia che possa contribuire a ristabilire la salute mentale di chi la richiede. Molto diverso è, invece, l’approccio statunitense: nelle legislazioni degli Stati Usa che vi fanno ricorso - California, Florida, Georgia, Louisiana, Montana, Oregon, Texas e Wisconsin – la volontarietà non è contemplata, essendo la castrazione chimica intesa come pena da infliggere al condannato e dunque sempre obbligatoria. 

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