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Migranti, sbarchi continui e naufragi ma l'Europa sta a guardare

Pietro De Leo
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È di nuovo il dramma, con continui arrivi sulle coste italiane, Lampedusa divenuta porto del dolore, tra naufragi a largo ed approdi incessanti, oltre 2500 persone tre giorni. Cifre che danno il tono di un fenomeno che entro qualche giorno potrebbe superare i 100mila arrivi irregolari, un’impennata rispetto allo scorso anno. E gli organismi che detengono il potere esecutivo europeo, ovvero la Commissione e il Consiglio, che paiono non avere il senso di un’emergenza, che risente dell’aumento delle criticità, specie nel continente africano, dove negli ultimi mesi, dal Sudan al Niger, si sono moltiplicati i fattori di instabilità che spingono sui flussi migratori. Oltre a questo, va sicuramente segnalato il tira e molla sulle forniture di grano dall’Ucraina, ormai diventato anch’esso uno dei «teatri» sostanziali della guerra con l’invasore russo, che crea delle prospettive fosche.

 

La differenza rispetto al passato della linea tenuta dall’Italia è tangibile: mentre in passato ci si adagiava su accordi come quello di Malta, la cui efficacia è sempre stata molto evanescente, oggi si ravvisa una certa determinazione a seguire un sentiero politico, fatto di cooperazione, sensibilizzazione alla necessità condivisa di contrastare il traffico di esseri umani, e coinvolgimento sia dei Paesi africani sia di altri interlocutori che operano nell’area, chiamando ad un ruolo anche gli organismi internazionali di investimento finanziario. Questo è stato il senso della conferenza che si è svolta alla Farnesina a Roma, qualche settimana fa, su iniziativa del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e «cucitura» del ministro degli Esteri Antonio Tajani. Così come è stato anche il senso degli accordi che, in questi mesi, sono stati intessuti con i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, dalla Tunisia alla Libia all’Algeria. Teatri spinosi, tutti e tre. La Tunisia per il rischio default, la Libia per le continue problematiche interne (e l’interventismo sull’area di Russia e Turchia), l’Algeria per una certa ambiguità di collocazione nello scacchiere internazionale, che ha visto in diverse fasi una propensione verso Mosca.

 

Però c’è un fattore tempo che, sicuramente, gioca a sfavore dell’Italia. Serve tempo affinché i percorsi di cooperazione vadano a sistema. Servirà tempo, inoltre, affinché il nuovo «Patto europeo sulle Migrazioni», sancito nel consiglio Ue degli affari interni lo scorso mese di giugno, percorra tutto l’iter di approvazione. Dopo il suo vaglio nell’organismo dei ministri, infatti, è iniziata la fase negoziale con l’Europarlamento.

Si tratta di un accordo che potrebbe sancire l’inizio di una nuova modalità di trattazione del dossier, con maggiore coinvolgimento dei Paesi terzi ed una procedura accelerata di esame delle domande d’asilo alle frontiere. Intanto, però, mancando un’espressione tangibile della solidarietà europea, come purtroppo accade sempre al riacutizzarsi della crisi, l’Italia sembra chiusa in una morsa. A Sud, appunto. E a Nord, dove la modalità di gestione delle frontiere da parte della Francia genera enormi problemi sui territori italiani. Un approccio certamente disinvolto, quello di Parigi, come testimoniato qualche giorno fa dal rapporto-denuncia di Medici Senza Frontiere. E i cui effetti si ritrovano in una situazione come quella descritta dal sindaco di Ventimiglia, l’esponente leghista Flavio Di Muro, costretto ad ingaggiare una società di vigilantes per la protezione del cimitero della città, dove spesso gli immigrati, respinti dal confine francese, si trovavano a bivaccare. L’iniziativa di Di Muro ha riscosso gli strali della scrittrice Michela Murgia, ma basta fare un giro sui siti per leggere le testimonianze dei cittadini locali, esasperati dal degrado che avvolgeva il luogo in cui riposano i loro cari, con scene non proprio digeribili come persone che approfittano delle fontanelle interne per praticare l’igiene intima.

 

È un tema, quello del confine tra Italia e Francia, che solleva attenzione anche all’interno della maggioranza. Tanto che in Forza Italia il portavoce Raffaele Nevi ed il responsabile del dipartimento Immigrazione Alessandro Battilocchio hanno annunciato un’interrogazione al governo, toccando nel testo soprattutto due aspetti, quello della tutela dei diritti umani e della pubblica sicurezza. E poi c’è un’altra questione, inscritta nei grafici sugli arrivi e le problematiche territoriali: con Paesi lasciati soli a gestire i flussi, l’integrazione europea difficilmente giungerà a compimento.

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