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Strage di Bologna, cosa filtra da Fratelli d'Italia: rispettare le sentenza, ma su De Angelis…

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Se la consegna è quella del silenzio, la linea interna di Fratelli d’Italia è chiara: le sentenze, come quella relativa alla strage di Bologna, si rispettano; il coinvolgimento dei neofascisti nell’attentato del 2 agosto 1980 che macchiò di sangue l’Italia segnando per sempre la storia del nostro paese è «acclarato»; ma chiedere il licenziamento di Marcello De Angelis è da mentalità «comunista» e «sovietica», anche perché rispettare le sentenze non vuol dire interrompere la ricerca della verità. Questi, rivela l’ Adnkronos, gli spunti contenuti in ‘Ore Otto’, l’opuscolo interno di Fdi con la linea da seguire: un vademecum giornaliero ideato dalla comunicazione di via della Scrofa per aiutare i parlamentari a districarsi tra i principali temi di attualità. 

 

 

Uno dei topics di oggi riguarda la polemica che ha investito Marcello De Angelis, responsabile della comunicazione istituzionale della Regione Lazio, finito nella bufera per aver ‘assolto’ in un post su Facebook i terroristi neri Fioravanti, Mambro e Ciavardini, condannati con sentenza definitiva per la strage di Bologna. Le parole a cui Fdi si affida per gestire il caso De Angelis sono quelle vergate ieri in una nota stampa da Edmondo Cirielli, viceministro degli Esteri (che però non viene citato nell’opuscolo interno): bisogna «rispettare sempre le sentenze», a maggior ragione «quelle che riguardano una memoria dolorosa come quella della strage di Bologna». «Il coinvolgimento di esponenti della destra neofascista è stato acclarato come verità giudiziaria e i rappresentanti delle istituzioni hanno il dovere di riconoscere e rispettare questa verità», viene rimarcato. «Non altrettanto ha fatto la sinistra quando c’è stata qualche sentenza a loro non gradita. Una per tutte la condanna del sindaco di Riace, Mimmo Lucano». 

 

 

Per il partito di Giorgia Meloni è sbagliato invocare la testa di De Angelis: «Chiedere il licenziamento di un giornalista che manifesta la propria opinione, del tutto personale, su una qualunque vicenda è prova che la cultura sovietica e comunista della censura alberga ancora nelle menti di molti esponenti del Pd. A nulla vale dire che Marcello De Angelis lavora per un ente pubblico. È un lavoratore e non un rappresentante del popolo; e un lavoratore mai può rischiare il licenziamento per le sue idee per quanto possano non essere gradite». Dentro il primo partito italiano la linea è chiara sul caso che sta smuovendo le acque della politica nelle ultime ore.

 

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