Mughini controcorrente su De Angelis: "Ripugnante chiedere che se ne vada"
«È un pieno diritto di tutti noi, pensare e dire una propria opinione, anche su uno degli eventi più orribili della storia recente italiana». Parla chiaro il giornalista e scrittore Giampiero Mughini intervenendo sulle polemiche scaturite dal post di Marcello De Angelis, convinto che non siano stati Mambro, Fioravanti e Ciavardini a portare la bomba nella sala d’attesa della stazione di Bologna il 2 agosto 1980.
Mughini, è rimasto sorpreso dalle parole di De Angelis?
«Non particolarmente. Io non sono uno "specialista" di questa orribile vicenda, quindi non ne parlo e non ne scrivo, ma conosco molto bene i due (Mambro e Fioravanti ndr) e mi risulta davvero difficile pensarli colpevoli. Una strage priva di connotazioni ideologiche, soprattutto un attentato troppo lontano dall’ideologia che loro portavano avanti».
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A nutrire più di un dubbio sulle sentenze di colpevolezza sono state diverse personalità, molte delle quali lontane dalla visione politica di destra.
«Sì, siamo un pugno di persone, con storie e provenienze diverse, che non si sono mai convinte che quei "farabuttelli", che hanno confessato e pagato per i loro crimini, siano i responsabili di quell’atroce attentato. Tra questi cito Andrea Colombo, storico giornalista de Il Manifesto, Gianni Minoli, Liliana Cavani e Furio Colombo».
Eppure ci sono sentenze che giudicano colpevoli Mambro, Fioravanti e Ciavardini
«Non voglio dare lezioni a nessuno, ma pretendo anche che nessuno ne dia a me. Noi tutti abbiamo il diritto di non essere convinti di quella sentenza. Su Bologna poi troppe questioni sono rimaste aperte».
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Quali in particolare?
«Ne cito una per tutte: i resti dell’ottantaseiesima vittima, rimasta ancora senza nome». Per tornare a Marcello De Angelis, secondo lei, dopo tutte le polemiche che ha sollevato, si dovrebbe dimettere come richiesto da più parti? «Guardi, questo è l’aspetto più ripugnante (sottolinea "ripugnante" ndr) della lotta politica tra partiti. Trovo intollerabile che quando qualcuno dice una cosa non conforme alla massa, si chiedano le sue dimissioni».