Articoli scritti dall'Intelligenza artificiale, il governo gioca d'anticipo
Era il 2007 quando uscì il libro «L’ultima copia del New York Times» di Vittorio Sabadin in cui veniva riportata la teoria di Philip Meyer, studioso dell’editoria americana, secondo cui l’ultima copia cartacea del più importante quotidiano statunitense sarebbe stata acquistata nel 2043. Poteva sembrare solo una provocazione ma fra l’avvento del web, soprattutto la difficoltà di monetizzare le notizie pubblicate attraverso gli abbonamenti, e il calo dei lettori ormai assume sempre di più il contorno di una profezia. In questo scenario a complicare le cose arriva «Genesis» l’applicazione di intelligenza artificiale in grado di scrivere articoli giornalistici che Google ha presentato ai manager del Washingon Post, del Wall Street Journal e del New York Times. Nulla di nuovo, basti pensare che già da tempo The Associated Press utilizza l’intelligenza artificiale per scrivere notizie finanziarie. Nonostante venga presentata come uno strumento per migliorare, rendendo più efficiente, il lavoro dei giornalisti è indubbio che contribuirà a tagliare molti posti di lavoro. Si calcola che se oggi per realizzare un giornale servono 100 persone in futuro ne basteranno 10 o 20. Una brutta notizia per i giornalisti, un’ottima notizia per gli editori che in questo modo potrebbero tagliare i costi alzando i profitti.
E in Italia? Da noi il dibattito è stato alimentato dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’Informazione e all’editoria Alberto Barachini che ha fissato per settembre un confronto sul tema con le organizzazioni sindacali. Si discuterà dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale nel settore dell’informazione e sulle conseguenze che l’IA può avere rispetto al diritto d’autore e al copyright. «Su queste tematiche - ha detto Barachini siamo direttamente coinvolti nel processo di confronto in ambito europeo sia sull’evoluzione della protezione del diritto d’autore, sia sull’uso dell’IA». Secondo il sottosegretario l’obiettivo è rendere l’utilizzo dell’intelligenza artificiale «non sostitutivo del lavoro giornalistico ma una opportunità per le realtà editoriali di migliorare la ricerca archivistica e facilitare la produzione di news». Alla base del lavoro giornalistico dovrà restare la capacità umana di cercare e selezionare le notizie, di raccontarle e filtrarle, gestendole «con l’esperienza che solo la professionalità giornalistica garantisce» ha sottolineato Barachini.
Se non sapremo gestire gli strumenti che il processo tecnologico mette a disposizione i rischi sono due: la tendenza mostrata dall’IA ad inventare contenuti e la produzione di notizie «in serie», tutte uguali fra di loro. L’analisi critica delle vicende del mondo, la disintermediazione rimane l’attività fondamentale del lavoro giornalistico. Il solo modo per rendere un servizio ai lettori e per svolgere quella funzione di «cane da guardia» della democrazia. Sempre che, nel frattempo, non arrivino anche i cani robot.