Emanuela Orlandi, spunta una nuova pista: l'ipotesi choc che esclude il sequestro
Il giallo di Emanuela Orlandi, la cittadina vaticana scomparsa nel 1983 e mai ritrovata, continua a essere al centro di indagini e dibattiti. Ora emerge una nuova pista, finora mai presa in considerazione veramente, che escluderebbe il sequestro della ragazza e che preferirebbe l'ipotesi dell'abuso sessuale. A dare credito a questo nuovo punto di vista è Pino Nicotri, giornalista che al caso Orlandi ha dedicato quattro libri e le cui ricostruzioni sono diventate ora una vera e propria testimonianza, raccolta dal promotore di giustizia vaticano, Alessandro Diddi.
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"Emanuela Orlandi, il rapimento che non c'è" è il titolo dell'ultimo volume di Pino Nicotri. In un'intervista rilasciata a Il Giorno, il giornalista ha provato a chiarire il motivo che l'ha spinto a scrivere la sua ultima pubblicazione. "La pista amical-familiare è statisticamente la più diffusa ma è l’unica che in questo caso non si è voluta prendere in considerazione": così ha esordito Nicotri. "Con Diddi (promotore di giustizia, titolare dell’inchiesta vaticana voluta da papa Francesco, ndr) non abbiamo parlato della cosiddetta pista dello zio, cioè riconducibile a Mario Meneguzzi, ma di altre ipotesi. Ad esempio quella legata alla partecipazione di Emanuela a un programma televisivo", ha raccontato il giornalista.
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Nicotri ha continuato facendo luce su una presunta partecipazione di Emanuela alla trasmissione Tandem della Rai: "Io ho notato che era in prima fila, inquadrata spesso, è possibile che qualcuno della troupe avesse notato questa ragazza e la facesse inquadrare con una certa insistenza, da lì potrebbe essere nato qualche rapporto di conoscenza ma la cosa non è mai stata indagata. È importante invece perché ricostruendo anche le varie fasi del giorno della scomparsa il 22 giugno 1983, appare più plausibile che lei, su Corso Rinascimento, dopo aver perso l’autobus, si fosse fermata a parlare con qualcuno che conosceva". L'ipotesi del sequestro, per il giornalista, non è sufficientemente valida e sulla possibilità di ostilità della famiglia, ha detto: "Io non ho mai insinuato nulla sulla moralità di Emanuela. Forse Emanuela aveva un problema, un qualche problema che non la faceva stare bene".
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Quindi la rivelazione: "Indagare sul contesto vicino a Emanuela è quello che fece subito la titolare dell’inchiesta, la magistrata Margherita Gerunda, che seguì l’ipotesi dell’omicidio dopo una violenza ma fu spostata dalle indagini il 18 luglio. Lei mi disse che erano sempre stati convinti che fosse un normale caso di violenza sessuale e che però era una cosa molto brutta da dire alla famiglia così si prendevano in considerazione anche altre ipotesi. Mi disse anche che non vedeva di buon occhio lo zio Meneguzzi perché era troppo protagonista, sembrava volesse sapere come andavano le indagini. Anche il magistrato successivo Sica sospettava di lui, lo faceva pedinare", ha ammesso Nicotri. Stando alle parole del giornalista, privilegiare la pista bulgara legata ad Alì Agcà "fu il primo errore". Quale, dunque, la ricostruzione da ritenere più affidabile e calzante? Nicotri è stato netto: "Quando ci sono casi di abusi finiti male, soprattutto quando vittima e carnefice si conoscono, ci sono due motivi per cui si tenta di occultare tutto. Il primo naturalmente è che non si vuole essere scoperti. Il secondo è la vergogna perché hai abusato di una fiducia, ad esempio della fiducia della famiglia Orlandi, perciò si fa sparire il corpo".