40 anni di misteri
Emanuela Orlandi, "documenti già in Procura". La mossa del Vaticano
Il Vaticano risponde alle accuse della famiglia di Emanuela Orlandi di cercare "una verità di comodo" e non quello che successe davvero 40 anni fa. E lo fa con una mossa a sorpresa, rivelando di aver inviato all'Italia da mesi la documentazione sulla sparizione della ragazza. "L'Ufficio del Promotore di Giustizia sta cooperando attivamente con le Autorità competenti Italiane. Proprio in questo spirito, il 19 aprile scorso, i magistrati vaticani hanno consegnato riservatamente all'Italia, coperta dal segreto istruttorio, la documentazione disponibile relativa al caso, inclusa quella raccolta nei mesi precedenti nel corso dell'attività istruttoria", spiega una nota del direttore della sala stampa vaticana, Matteo Bruni, riportata dalle agenzie di stampa.
Nel comunicato la Santa Sede fa sapere che "condivide il desiderio della famiglia di arrivare alla verità sui fatti e, a tale fine, auspica che tutte le ipotesi di indagine siano esplorate". Il riferimento è al ritorno nell'attualità della pista "familiare" che porterebbe allo zio di Emanuela, Mario Meneguzzi, ipotesi rilanciata dal Tg La 7 diretto da Enrico Mentana e contestata fortemente adii parenti di Emanuela, il fratello Pietro e la sorella Natalina.
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Il nome dello zio Mario appare ora in un carteggio che risale al settembre 1983, quando della 16enne figlia di un messo della prefettura della Casa pontificia e cittadina vaticana non si hanno notizie ormai da tre mesi. L’allora segretario di Stato Agostino Casaroli scriveva un messaggio riservato per posta diplomatica a un sacerdote sudamericano inviato in Colombia da Karol Wojtyla, Papa Giovanni Paolo II. Ma non si tratta di una novità assoluta: la posizione di Mario Meneguzzi (ormai deceduto dopo essere stato per tanto tempo gestore di un bar alla Camera dei Deputati) era stata vagliata in passato dagli investigatori. "In merito alle notizie che coinvolgono un parente di Emanuela, si rileva che la corrispondenza in questione indica espressamente che non vi è stata alcuna violazione del sigillo sacramentale della Confessione", afferma il direttore della sala stampa vaticana.