Coltivazioni genomiche, l'Ue vuole gli alimenti super-resistenti: cosa cambia nel piatto
Dalla banana mai matura alla patata immune da malattie Presentati dalla Commissione europea i cibi del futuro
Patate quasi del tutto immuni agli agenti patogeni, banane super resistenti agli urti, senape meno amara, grano con meno glutine, legno da pioppo più facile da lavorare. Questi sono alcuni degli «esempi più promettenti» citati dalla Commissione Europea durante la presentazione, avvenuta il 5 luglio scorso, del nuovo provvedimento targato Bruxelles pensato per rendere più semplice in Ue l’utilizzo in agricoltura delle così dette «nuove tecniche genomiche» Ntg). Tecniche che gli esperti dell’Unione si sono affrettati a distinguere dai tanto controversi «Ogm», quegli «organismi geneticamente modificati» che dal 2001 sono soggetti ad una stringente legislazione comunitaria, contenente al suo interno diverse misure di salvaguardia, su tutte la valutazione scientifica dei rischi per la salute e per l’ambiente. Secondo l’Unione Europea, le Ntg andrebbero distinte dai classici Ogm in quanto il loro sviluppo avviene «mediante mutagenesi mirata e cisgenesi»: la mutagenesi mirata, si sottolinea nel testo Ue, «induce mutazioni nel genoma senza l’inserimento di materiale genetico estraneo», mentre la cisgenesi «è un inserimento di materiale genetico in un organismo ricevente da un donatore che è sessualmente compatibile con l’organismo ricevente».
In poche parole, le due tecniche che Bruxelles vorrebbe deregolamentare non dovrebbero prevedere l’utilizzo di materiale genetico «estraneo» - ovvero proveniente da una specie diversa e non compatibilecome avviene nel caso degli Ogm, rendendole così immuni dalle rigide regole applicate a questi ultimi. Ma, leggendo più avanti nel documento, questa teoria rischia di cadere in contraddizione, in virtù di alcune considerazioni avanzate proprio dalla Commissione stessa. Secondo quanto riportato dagli esperti Ue, infatti, le piante ottenute dalle nuove tecniche non sarebbero esenti da «diversi profili di rischio», tanto da essere suddivise in due categorie distinte per la loro immissione sul mercato.
Da una parte si trovano quelle equiparabili alle piante presenti in natura, ottenute con modifiche poco complesse (meno di 20 mutazioni), per la cui commercializzazione sarà sufficiente una procedura di verifica volta a garantire che non contengano materiale genetico esterno; dall’altra, invece, le piante elaborate con modifiche più complesse (più di 20 mutazioni) saranno a tutti gli effetti etichettate come Ogm e dunque soggette alle regole dell’attuale legislazione, con tanto di valutazione del rischio e necessità di ulteriore autorizzazioni prima di poter essere immesse sul mercato. Insomma, stando a quanto dichiarato nel documento, i prodotti agricoli ottenuti con le Ntg non sarebbero equiparabili agli Ogm solo in alcuni casi, mentre in altri lo sarebbero al 100%, e con tutti i crismi del caso.
La notizia della nuova proposta Ue, passata un po’ in sordina sui media italiani, ha ovviamente scatenato reazioni opposte tra gli addetti ai lavori, divisi nettamente tra gli assolutamente favorevoli e gli assolutamente contrari. Tra questi ultimi, particolarmente severo è stato il giudizio espresso da Greenpeace, secondo la quale i «nuovi organismi geneticamente modificati ottenuti con l’impiego di nuove tecniche genomiche» non garantirebbero «la sicurezza e il rispetto dei diritti dei consumatori» e «eliminerebbero o indebolirebbero le procedure di sicurezza sui prodotti Ogm ottenuti con tecniche di editing genetico, tra cui mutagenesi e cisgenesi». Ricordando poi come, con una sentenza del 2018, la Corte di Giustizia Europa abbia già rilevato che «i rischi legati alle nuove tecniche di mutagenesi potrebbero essere simili a quelli degli Ogm "classici"», tanto che l’esclusione di queste nuove tecniche dalle esistenti norme sugli OGM «vanificherebbe lo scopo stesso di tali norme e non rispetterebbe il principio di precauzione». La proposta Ue, viceversa, è stata accolta con favore da molte associazioni di agricoltori italiane. La Coldiretti, ad esempio, ha parlato di «proposta importante che distingue nettamente i vecchi ed obsoleti Ogm dalle nuove tecniche di evoluzione assistita», attraverso la quale «rispondere alla sfida dei cambiamenti climatici e della difesa della biodiversità»; mentre la Confagricoltura ha definito la proposta un «importante cambio di passo verso transizione ambientale e salvaguardia potenziale produttivo», anche grazie alla chiarezza con cui «si differenziano le Ngt dagli Ogm».