Messina Denaro, l'inquietante verità sulla latitanza: dove ha vissuto per sette anni
Un'indiscrezione che apre a scenari inquietanti. Un'inchiesta approfondita, basata su carte, contratti e testimonianze. Chi ha protetto il boss dei boss nei lunghi anni di latitanza? Chi l'ha tradito? Servizio Pubblico, il format di Michele Santoro, ha pubblicato una ricostruzione, fedele e dettagliata, sugli ultimi sette anni di vita di Matteo Messina Denaro. Nello specifico, l'indagine parte dal 31 gennaio 2016. Dina Lauricella mostra le carte rinvenute nel terzo covo del boss, rinvenuto a Campobello di Mazara. L'uomo più ricercato d'Italia avrebbe vissuto in un piccolo centro di appena undicimila residenti. Come è potuto passare inosservato? In quanti sapevano e lo hanno protetto? Domande che assumono contorni inquietanti se analizzati anche sulla base dei documenti venuti alla luce.
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Il contratto di locazione e le ricevute dei pagamenti che mostrerebbero come, quell’appartamento preso in affitto dal prestanome Andrea Bonafede nel 2007, sia stato abitato stabilmente dal boss della mafia a partire dal 31 gennaio 2016. Durante il servizio, viene mostrato il tentativo (non ben riuscito, per altro) di imitare la firma del vero Bonafede e la sua calligrafia. Ma non serve essere un esperto calligrafico per comprendere come quella scrittura appartenga, con ogni probabilità, a Matteo Messina Denaro.
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Subito dopo il suo arresto, era emerso che il reggente di Cosa Nostra avrebbe vissuto a Campobello di Mazara due anni. Oggi l'inchiesta di Servizio Pubblico sottolinea che gli anni sarebbero addirittura sette. Uno dei tanti, troppi misteri, in una storia densi di specchi, di intrighi e di doppi giochi. Una vicenda che si intreccia con gli ultimi trent'anni di storia d'Italia. L'arresto dell'ultimo dei boss di Cosa Nostra.