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Michelle Causo, dubbi sul movente: avance rifiutate o un debito, le ipotesi

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Proseguono le indagini sull’omicidio di Michelle Causo e se chi indaga ha pochi dubbi sulle responsabilità del 17enne arrestato, il movente che ha scatenato la furia del giovane è ancora tutt’altro che chiaro. Sul punto, il lungo interrogatorio di giovedì notte non ha sciolto i dubbi degli inquirenti e al momento non si esclude nessuna pista: forse Michelle è stata uccisa dopo aver rifiutato le avance del suo aggressore, ma a scatenare la violenza potrebbe esser stata una lite per poche decine di euro, e la vicenda potrebbe, in parte, essere legata al consumo di droga che l’arrestato era solito mostrare anche sui suoi profili social. 

 

 

La procura presso il Tribunale minorile, che coordina le indagini della squadra mobile, ha disposto l’autopsia sul corpo della vittima. Da un primo esame medico legale, Michelle è stata raggiunta da diversi colpi, assestati con un coltello da cucina ed è stata colpita dal suo aggressore più volte, al collo, all’addome e alla schiena. Sulle braccia e le mani della giovane non sarebbero stati trovati segni evidenti di ferite. Il che potrebbe far pensare che la ragazza sia stata colta di sorpresa da chi l’ha uccisa. 

 

 

Michelle, secondo quanto ricostruito, sarebbe morta nella casa al secondo piano della palazzina in via Giuseppe Benedetto Dusmet, dove il 17enne viveva e dove gli agenti hanno trovato l’arma del delitto, le tracce di sangue e i segni dell’aggressione, dalla quale Michelle ha cercato disperatamente di difendersi. Domani l’arrestato comparirà davanti al gip per l’interrogatorio di convalida. Intanto proseguono le manifestazioni di cordoglio da parte del mondo politico e della società civile: il quartiere di Primavalle si mobilita per ricordare la vittima, con una fiaccolata in programma in via Emilio Sfondrati, dove Michelle viveva. E lunedì sera un momento di raccoglimento è stato organizzato in via Pietro Maffi, dal Liceo Vittorio Gassman, che la ragazza frequentava. Questo omicidio «ci interpella come Chiesa e come società civile», dice il vescovo Baldo Reina, ausiliare del settore Ovest della diocesi della Capitale. «Nessuno può dire io non c’entro! - prosegue - La speranza è quella di un cambiamento negli stili di vita e nel significato stesso da attribuire all’esistenza umana».

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