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Bimba scomparsa a Firenze, nessun testimone attendibile: caos sul possibile rapimento

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Christian Campigli
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Nessun super testimone. La notizia sbandierata ai quattro venti da alcuni giornali viene stroncata sul nascere dagli inquirenti. Secondo le informazioni raccolte dal nostro quotidiano, i carabinieri non avrebbero in mano una sola testimonianza. Non vi sarebbe cioè una persona che avrebbe raccontato loro di aver assistito, fisicamente, al rapimento di Kataleya Mia Chicllo Alvarez, la bimba peruviana di cinque anni scomparsa a Firenze sabato pomeriggio. Gli inquirenti avrebbero, al contrario, raccolto numerose (si parla di cinque o sei occupanti dell'ex Hotel Astor) testimonianze sul possibile rapimento della bambina. Purtroppo non vi sarebbe una coerente narrazione degli eventi. Ognuno di loro avrebbe offerto un frammento di (possibile) verità. Purtroppo, da quanto abbiamo appreso da fonti privilegiate, le testimonianze non sarebbero né precise né circostanziate. 

 

 

Nonostante ciò, ieri pomeriggio i militari, insieme ai vigili del fuoco, hanno rivoltato come un calzino il palazzo posto accanto alla struttura occupata illegalmente (e tollerata da chi amministra la città). La sensazione che qualcuno sappia, nella comunità peruviana, è però concreta. E che lanci una sorta di messaggi in codice. Gli inquirenti, da sempre, si sono convinti che il rapimento della bambina sia un evento criminoso da ascrivere a delle tensioni vissute all'interno dell'ex hotel occupato. 

 

 

Il racket delle camere (e un possibile debito), con ogni probabilità, ma stamani, una delle occupanti ci ha chiamato per raccontarci una versione leggermente diversa. “La mamma avrebbe tentato il suicidio per sensi di colpa. Sarebbe nata, nei mesi scorsi, una relazione clandestina con un rumeno. E non tutti, tra i peruviani, avrebbero gradito questa situazione”. Una ricostruzione che andrò ovviamente vagliata e analizzata ma che, almeno a livello investigativo, sarebbe coerente con i due tentativi di suicidio, della madre e del padre della piccola Kata. Sin da subito quei due gesti estremi non hanno lasciato indifferenti gli inquirenti. Un atto di dolore e di disperazione o un segnale? 

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