Terremoto Campi Flegrei, che succede nella caldera vulcanica: il rischio eruzione
Torna la paura ai Campi Flegrei, la zona situata nel golfo di Pozzuoli a ovest di Napoli, caratterizzata da una notevole attività vulcanica e sismica. Una scossa di terremoto si è verificata oggi domenica 11 giugno alle 8.44. La magnitudo registrata dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia è stata di 3.6. Subito dopo la scossa, la Sala Situazione Italia del Dipartimento della Protezione Civile si è messa in contatto con le strutture locali del Servizio Nazionale della protezione civile. La scossa è stata avvertita dalla popolazione ma sono stati segnalati danni. Il sindaco di Pozzuoli, Gigi Manzoni, ha inviato un messaggio ai cittadini sui social per gli eventi sismici che susseguono da mesi: "Non è semplice la convivenza con questi fenomeni e la scossa di questa mattina turba tutti noi. Al momento non ci sono segnalazioni di danni". "Ho già preso contatti diretti con i vertici dell’Osservatorio e della Protezione Civile e nelle prossime ore terrò un altro vertice in seguito alla scossa di stamane", ha annunciato.
Scossa di terremoto sveglia Napoli. "Cosa sta succedendo ai Campi Flegrei"
Quello dei Campi Flegrei è un territorio peculiare perché si tratta di una caldera, un antico super-vulcano. Un recente studio a firma di ricercatori dell’University College London (Ucl) e dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), apparso su ’Communications Earth and Environment’ di Nature, afferma che il susseguirsi degli episodi di sollevamento degli ultimi decenni ha causato un progressivo indebolimento nella crosta della caldera dei Campi Flegrei, rendendone maggiormente possibile la rottura nei prossimi anni. "Al momento il complesso dei dati frutto del costante monitoraggio dell’Istituto non fornisce alcuna prova che faccia pensare ad un aumento del rischio di una eruzione nella zona - spiega all’AGI Francesca Bianco, direttrice del Dipartimento Vulcani dell'Ingv - I risultati dello studio in questione vanno valutati alla luce di tutte le informazioni che ci derivano dal nostro monitoraggio e sebbene sia possibile, se il trend descritto nel lavoro dovesse continuare, che si abbia una rottura della crosta maggiormente rilevante, ciò non vuol dire che necessariamente si avrà una eruzione. Anzi, come detto, il complesso dei dati fa pensare ad un origine non magmatica dell’indebolimento della crosta".