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Migranti, vicino l'accordo per un nuovo patto nell'Ue: buco nero sui ricollocamenti

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È «probabile» che gli stati dell’Ue domani a Lussemburgo trovino un accordo, a otto anni dalla crisi migratoria del 2015 che mise definitivamente a nudo l’inadeguatezza del sistema di Dublino, sull’architrave di un nuovo patto in materia di migrazione e asilo, che preveda un equilibrio tra solidarietà e responsabilità accettabile per la maggioranza. «Sono ottimista - dice un alto funzionario Ue alla vigilia del Consiglio Affari Interni che si terrà nel Granducato - come dice un collega francese, è impossibile ma fattibile». Le possibilità di un successo sono «50 e 50», aggiunge. Sul tavolo c’è la posizione negoziale del Consiglio sul regolamento in materia di gestione dell’asilo e della migrazione e sul regolamento sulle procedure di asilo, due file chiave del patto Ue messo sul tavolo dalla Commissione di Ursula von der Leyen nel settembre 2020, dopo che la Commissione di Jean-Claude Juncker aveva fallito nel tentativo di costringere gli Stati ad accettare ricollocamenti obbligatori di richiedenti asilo dai Paesi di primo arrivo sotto pressione. I due regolamenti andranno poi negoziati con il Parlamento Europeo, l’altro colegislatore Ue.

 

 

La chiave di volta è il passaggio dai ricollocamenti obbligatori, affondati nella scorsa legislatura dal gruppo di Visegrad spalleggiato da Donald Tusk, alla «solidarietà obbligatoria» con i Paesi sotto pressione, che potrà consistere in ricollocamenti, in contributi finanziari (in ragione di 20mila euro per ogni persona non ricollocata, secondo l’ultima proposta) o in equipaggiamenti utili a controllare i flussi migratori. È quella che un tempo i Paesi mediterranei bollavano come ‘solidarietà à la carte’, ma è anche l’unico compromesso realisticamente raggiungibile: il tempo ha dimostrato che i ricollocamenti obbligatori non ottengono la maggioranza in Consiglio. A cambiare il clima, ha spiegato un alto funzionario, ha contribuito anche il massiccio afflusso di rifugiati dall’Ucraina, che ha fatto toccare con mano a Paesi prima relativamente protetti dalle migrazioni che cosa vuol dire dover gestire flussi massicci di persone. Il tema è così politicamente sensibile, e le posizioni tra i Paesi così diverse, che trovare una ‘zona di atterraggio’ per un compromesso che accontenti tutti, incluse le ali estreme, è molto difficile. Pertanto, la presidenza ha deciso di procedere a maggioranza qualificata, «sennò non troveremo mai un accordo», spiega un alto funzionario Ue.

 

 

I Paesi sono attualmente divisi tra «alcuni» che sono favorevoli al compromesso sul tavolo, «pochi» che sono contrari (Ungheria e Polonia sono sicuramente contro) e «molti» che sarebbero favorevoli, ma a fronte di ulteriori concessioni. L’Italia dovrebbe collocarsi in questo ultimo gruppo: l’atteggiamento del nostro Paese sarà cruciale per l’esito del Consiglio di domani, viste le sue dimensioni e la sua centralità sul tema della migrazioni. Per una fonte diplomatica Ue, arrivare ad una maggioranza qualificata senza l’Italia su questo dossier è «possibile», ma di certo «non è desiderabile». Le trattative dunque vanno avanti, ma «il negoziato a un certo punto deve finire» e «quel momento è domani», spiega un alto funzionario Ue. Procedere a maggioranza qualificata su una materia politicamente esplosiva è sempre un rischio, ma la fonte assicura che l’Ue ha i «mezzi» per far applicare le leggi che approva.

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