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La mafia nell'era di TikTok, così la criminalità organizzata comunica in rete

Christian Campigli

Il simbolo della criminalità, del malaffare. Organizzazioni talmente ricche e potenti da essere in grado di influenzare a proprio piacimento l'economia nazionale. Anche grazie all'uso delle moderne tecnologie. Oltre 90 giga di video TikTok, due milioni e mezzo di tweet, 20mila commenti a video YouTube e centinaia tra profili e pagine Facebook e Instagram: è una mole enorme di materiale quella finita  sotto la lente di ingrandimento della Fondazione Magna Grecia. Un'analisi attenta quella presentata questa mattina nel rapporto “Le mafie nell’era digitale” e resa nota dall'agenzia di stampa AdnKronos. Una ricerca dettagliata, che evidenzia in modo chiaro quanto sia cambiata la comunicazione delle mafie oggi che il mondo virtuale è entrato prepotentemente nella vita del novantanove per cento degli Italiani.  

“Lo studio si pone l’obiettivo di definire i contorni e i contenuti delle modalità con cui le mafie oggi vengono raccontate e comunicano nel mondo digitale. Chi si occupa di cultura nel Mezzogiorno d’Italia come noi, non può non guardare anche a questi fenomeni e ai suoi interpreti che oggi hanno strutturato un inedito modo di muoversi e di autorappresentarsi, intrecciando reale e virtuale e creando una narrazione attrattiva fatta di nuovi contenuti e nuovi simboli”, ha spiegato  Nino Foti, presidente della fondazione Magna Grecia, presentando il rapporto alla Camera dei Deputati. Presenti Antonio Nicaso, studioso dei fenomeni di tipo mafioso e docente di Storia della criminalità organizzata presso la Queen’s University in Canada, Marcello Ravveduto, professore di Public and digital history all'Università di Salerno e di Modena-Reggio Emilia e responsabile della ricerca e Nicola Gratteri, procuratore di Catanzaro.

Dalla musica trap al neomelodico, dalle macchine extra-lusso ai gioielli alla mitizzazione dei grandi boss del passato, sono ormai lontani i tempi dei pizzini e dei mafiosi ignoranti. "Le mafie per esistere ormai hanno bisogno di pubblicità, di essere viste - sottolinea il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri - E oggi questo bisogno si trasferisce anche in rete. Per cui mi auguro che si punti sempre di più alla formazione della polizia giudiziaria, affinché stia dietro alla velocità con cui il mondo della criminalità organizzata si reinventa".