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Piantedosi prepara il riconoscimento facciale: più telecamere nelle stazioni

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Le parole del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, sull’introduzione del riconoscimento facciale come misura per garantire maggiore sicurezza, fanno discutere. «La videosorveglianza è uno strumento ormai unanimemente riconosciuto come fondamentale. La sua progressiva estensione è obiettivo condiviso con tutti i sindaci. Il riconoscimento facciale dà ulteriori e significative possibilità di prevenzione e indagine. È chiaro che il diritto alla sicurezza va bilanciato con il diritto alla privacy. C’è un punto di equilibrio che si può e si deve trovare. Proprio in questi giorni abbiamo avviato specifiche interlocuzioni con il Garante per trovare una soluzione condivisa», le dichiarazioni del titolare del Viminale in un’intervista al «Quotidiano nazionale».

Frasi contro cui insorgono le opposizioni, a cominciare dal Partito democratico. «Il ministro Piantedosi venga in Parlamento a riferire sulle sue intenzioni di tornare a utilizzare il riconoscimento facciale nei luoghi pubblici, oggi fuorilegge nel nostro Paese. La sicurezza non è e non può essere lesione dei diritti delle persone, ma tutela delle comunità», scrive su Twitter il senatore del Pd, Filippo Sensi, in merito al divieto di riconoscimento facciale. Dal canto suo, il deputato di Più Europa, Riccardo Magi, rileva «un malcelato tentativo di controllare i cittadini attraverso una schedatura di massa in pieno stile cinese».

L’utilizzo del riconoscimento facciale «non è una pratica invasiva, è l'evoluzione normale della scienza. Prima c’era l'identikit, oggi esiste questo strumento. Utilizzare, sempre nel rispetto dei diritti dei cittadini, le ultime scoperte, non fa altro che andare nella direzione di prevenire e dare sicurezza. La cornice, ripeto, è il rispetto dei diritti», la riflessione consegnata all’agenzia di stampa Adnkronos dal vicepresidente della Camera e rappresentante di Forza Italia, Giorgio Mulè.

Partecipando, ieri, insieme al comandante generale dei Carabinieri, Teo Luzi, all’inaugurazione della nuova stazione dell’Arma a Monteverde nuovo, a Roma, il responsabile dell’Interno ha allargato il tiro, mettendo in evidenza la necessità di una visione a più largo raggio, di politiche incisive e capillari, a 360 gradi, a difesa naturalmente dell’incolumità dei cittadini. «Noi dobbiamo partire dai contesti urbani per rivedere il concetto di governance della sicurezza, anche l'attualità ce lo sollecita e ce lo suggerisce - ha spiegato Piantedosi - Siamo partiti dalle tre grandi città metropolitane, attuando interventi importanti: nonostante la gravità dei fatti recenti avvenuti nelle zone delle stazioni, non ci siamo fatti trovare impreparati per assicurare alla giustizia gli autori dei reati. Dobbiamo spostare le attività di polizia nei contesti dove c’è più bisogno, lo faremo sempre di più e meglio. Lo stiamo facendo nei luoghi della movida, nei poli ospedalieri ripristinando i presidi, in quei luoghi che incrociano i problemi emergenti della società».

Il riferimento è a Roma, Milano e Napoli, alla luce degli episodi di cronaca avvenuti negli ultimi giorni, che hanno coinvolto stazioni ferroviarie. Del resto, ha proseguito sempre Piantedosi, «siamo in una condizione in cui la cittadinanza vive una crescita dei contesti di emarginazione, la perdita di alcuni punti di riferimento». Insomma, l’intenzione dell’esponente dell’esecutivo è quella di rendere più sicure le città italiane, conducendo una battaglia serrata contro il degrado sociale, facendo sì che la presenza delle forze dell’ordine sia molto più capillare ed incrementando, come annunciato dallo stesso Piantedosi al «Quotidiano nazionale», i rimpatri e le espulsioni degli stranieri grazie al rafforzamento dei Cpr, vale a dire dei Centri di permanenza per i rimpatri.

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