Hollywood trema per lo sciopero: sceneggiatori in protesta, rischi miliardari
L’ultima volta era accaduto una quindicina di anni fa, a cavallo tra il 2007 e il 2008, e costò qualcosa come 2 miliardi di dollari di perdite agli studios hollywoodiani. E ora ritorna il problema. Gli sceneggiatori USA sono nuovamente in sciopero, come annunciato dal comitato della WGA (Writers Guild of America), perché alla scadenza del contratto della categoria (datato 2017) non vi è stato alcun accordo sul rinnovo tra le parti dopo quasi due mesi di negoziazione.
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Lo scenario rispetto all’ultimo sciopero è ovviamente cambiato: allora si chiedeva di incrementare i benefici degli sceneggiatori proporzionalmente agli enormi introiti delle produzioni, questa volta la contrattazione portata avanti è avvenuta anche con nuovi player, le piattaforme: «Il comitato di negoziazione della WGA - si legge nella nota firmata dai rappresentanti che hanno condotto la contrattazione - ha trascorso le ultime sei settimane a negoziare con Netflix, Amazon, Apple, Disney, Discovery-Warner, NBC Universal, Paramount e Sony sotto l’egida dell’Alliance of Motion Picture and Television Producers (AMPTP). Nel corso della trattativa, abbiamo spiegato come le pratiche commerciali di queste società abbiano ridotto drasticamente i nostri compensi e i nostri diritti d’autore e, quindi, minato le nostre condizioni di lavoro. Abbiamo chiarito che siamo determinati a raggiungere un nuovo contratto con una retribuzione equa che rifletta il valore del nostro contributo al successo dell’industria e includa protezioni per garantire che la scrittura continui ad essere una professione sostenibile».
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Secondo i media americani questo sciopero avrà una ricaduta immediata sui talk show più popolari degli States, dal Jimmy Kimmel Live al The Tonight Show con Jimmy Fallon, con ripercussioni progressive su centinaia di migliaia di lavoratori dello spettacolo, bloccando set e produzioni. Sempre secondo la WGA, nell’ultimo decennio la retribuzione settimanale media degli sceneggiatori è diminuita del 4%, percentuale che si impenna considerando l’inflazione: ma non è l’unica problematica, visto che sul tavolo delle contrattazioni c’era anche la questione legata a maggiorazioni relative alla cessione dei diritti d’autore (questione che andrebbe rivista considerando lo sfruttamento delle opere su piattaforma) e la forte preoccupazione - proprio come denunciato dai doppiatori italiani durante l’agitazione delle settimane scorse - inerente le tecnologie di intelligenza artificiale che potrebbero rappresentare una minaccia per il lavoro di autori e sceneggiatori. La paralisi del mondo dorato di Hollywood è dietro l’angolo.
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